“One true vine”, un disco per il Natale

Anche una canzone sullo Spirito Santo nella novità firmata dalla vocalist 75enne Mavis Staples, un pezzo di storia del gospel, e dal musicista country-rock Jeff Tweedy di Walter Gatti

Dovendo suggerire un disco da ascoltare all’arrivo del Natale, suggerirei One true vine, disco firmato dalla 75enne Mavis Staples e dal musicista country-rock Jeff Tweedy. Il disco, come spesso succede in ambito americano, è un bel compendio di storie, atmosfere e intelligenze. Mavis Staples è un pezzo di storia del gospel: nata a Chicago ha attraversato sei decenni di musica, esordendo giovanissima e continuando a cantare in barba alle mode, all’età che avanza, alle chiese che a volte si svuotano.

Parlo di chiese perché la Staples, cantante tra le più famose d’America, è una di quelle vocalist che, avendo esordito nelle chiese dell’Illinois, non ha mai smesso di frequentarle nemmeno quando un certo grado di successo l’ha portata a collaborare con Bob Dylan e Prince, Ry Cooder o John Scofield.

Dotata di una voce caldissima e di grande emozionalità, Mavis Staples è stata a lungo tempo la voce celebre degli Staples Singers, formazione avviata da suo padre Pops Staples. In lei rivive l’incredibile storia del gospel, genere musicale sacro e liturgico, canto dei neri americani nato e sviluppato nelle comunità di colore delle città industriali degli States, da Chicago a Detroit, quando quelle stesse popolazioni lasciavano il Sud rurale adattando lo spiritual ad un mondo e ad uno stile di vita urbano.

Il gospel negli States è una cosa seria. Soprattutto una cosa diffusa e quotidiana. Nomi come quelli di James Leveland, Mahalia Jackson e Cissy Houston (madre di Whitney Houston) sono di dominio pubblico e la loro fama è nazionale. Questo perché cantare le lodi del Signore e testimoniarne la presenza anche con il canto è una cosa diffusa e genera un’industria che produce dischi, spettacoli, successo, fama.

Il confine tra chiese e canzoni, celebrazioni e spettacoli è labile e chiunque vada negli Usa e frequenti una celebrazione si troverà lanciato in momenti che possono ricordare la famosa scena dei Blues Brothers, con James Brown nei panni del reverendo Cliofus James alle prese con l’illuminazione divina di John Belushi.

Jeff Tweedy, 46enne musicista dell’Illinois, non c’entra nulla (almeno direttamente) con il gospel. Fondatore di ottime band “alternative” come gli Uncle Tupelo e i Wilco, Tweedy collabora come produttore e arrangiatore con la Staples già da tre anni. Il risultato di questa collaborazione è in un disco prezioso che unisce elementi di tradizione a suoni di forte contemporaneità all’interno di quel genere che viene oggi definito “americana” e che comprende un mélange di influenze tradizionali made in Usa, accomunate da un suono rispettoso sia di suoni non troppo sovrabbondanti che di una cultura folk fatta di radici sia bianche che nere.

Il disco in questione, One true vine, alterna pezzi tradizionali (Wake up this morning, What are they doing in Heaven) e canzoni incise per l’occasione. Il tutto suona in modo pulito, intenso e incredibilmente puro. Un bianco, una grande vocalità di colore, canzoni che ruotano attorno alla sacralità della vita e alla grande mano paterna che tutti protegge. La canzone più insolita è la prima, Holy Ghost, Spirito Santo:

C’è uno Spirito Santo
Che mi afferra
Sento le sue mani
Che mi afferranno
Non vedo nessuno
Ma sento le sue mani
Che mi afferrano

È una canzone recente, incisa all’inizio di quest’anno da Low di Andy Sparhawk. Mavis Staples ne dà un’interpretazione lineare, caldissima, essenziale eppure degna di ora ed emozione. Jeff Tweedy ne costruisce un arrangiamento che ha la forza del gospel pur dimenticandone gli eccessi. Bianchi e neri, giovani e vecchi, folk e black music. A Natale succede che tutto si possa riunire, riunificare, incarnare. E così il prodotto musicale diventa. Un piccolo segno di ringraziamento. Per Colui che è nato per noi. Per ognuno.

12 dicembre 2013

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