Nuovo Isee, figli troppo “leggeri”

L’Associazione nazionale famiglie numerose critica i valori che sottostimano il peso della prole nel bilancio familiare: «Quando c’è da pagare, per lo Stato i bambini pesano molto di più» di Redattore Sociale

Il nuovo Isee, che dopo mesi di attesa pare ormai avviato all’ultimo rettilineo, non costituisce un significativo passo avanti e continua a trascurare la realtà delle famiglie con più figli: è il giudizio dell’Associazione nazionale famiglie numerose (anfn), che con il presidente Giuseppe Butturini critica in modo particolare le scale di equivalenza e il “peso” assegnato ai figli nel calcolo che serve per determinare il reddito familiare sulla base del quale ottenere agevolazioni nella fruizione di asili nido, mense scolastiche, assegni di maternità, servizi di pubblica utilità e così via.

«Ci aspettavamo – dice Butturini – una radicale revisione delle scale, che invece sono rimaste pressoché immutate». Una realtà sottolineata anche dal deputato Mario Sberna (Scelta Civica), che fino all’elezione a Montecitorio è stato presidente dell’associazione e che ora annuncia di voler presentare un emendamento alla bozza del nuovo Isee per rendere più evidente il sostegno alle famiglie con più figli. «I valori dati ad ogni figlio nella scala di equivalenza – spiega – sono stati appena ritoccati, ma occorre fare molto di più, riconoscendo alle famiglie gli sforzi compiuti per crescere la prole. Oggi – continua – alla nascita di un figlio, la coppia vede automaticamente ridotto il proprio reddito disponibile». Questo penalizza le famiglie: un figlio dalla nascita alla laurea costa ai suoi genitori tra i duecento ed i trecentomila euro, e ai genitori lo Stato riconosce oggi, attraverso detrazioni e assegni familiari, un beneficio che va da un massimo di 2.694 euro all’anno (per i redditi meno abbienti) fino a zero. In Italia il peso dei figli è decrescente (si passa dallo 0,5 del primo allo 0,35 del quarto e successivi) mentre in Francia, ad esempio, è crescente: primo e secondo figlio hanno un valore pari a 0,5, il terzo vale 1. E non a caso la Francia è, fra i grandi Paesi del vecchio continente, al vertice degli indici di natalità.

Ma la penalizzazione sull’Isee, secondo l’Associazione famiglie numerose, è evidente anche confrontando il “peso” che lo Stato italiano assegna a ciascun figlio per finalità diverse da quelle della richiesta di agevolazioni. Quando si tratta di dover pagare un’imposta, ad esempio, come nel caso della Tares, quegli stessi figli che per l’Isee sono considerati “leggeri” diventano improvvisamente più pesanti. Un vero e proprio «paradosso italiano». Spiega l’Anfn che nella scala di equivalenza applicata ai fini Isee, «almeno fino ad oggi il primo figlio vale appena 0,47, il secondo 0,42, il terzo 0,39, il quarto 0,35». Ben diversi solo i calcoli delle società di gas e elettricità, che quando si trovano a dover fare delle stime sui consumi danno molto peso più alla presenza dei figli, e ben diverso è l’approccio utilizzato dallo Stato con la Tares (l’imposta su tributi e servizi decisa dal decreto Salva-Italia e che sostituisce la Tariffa di igiene ambientale – Tia – e la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani – Tarsu), che si prospetta, commenta Alfredo Caltabiano, consigliere nazionale Anfn, «una vera e propria tassa sui figli, visto che cresce all’aumentare del numero dei componenti».

L’Associazione famiglie numerose presenta in una simulazione i conti di una famiglia composta da papà, mamma e uno o più figli in una casa da 80 metri quadri in un Comune superiore alle cinquemila anime. Nel nord Italia, viene spiegato, se quella famiglia ha un figlio dovrà pagare 242 euro di Tares (una cifra cui occorre aggiungere l’addizionale provinciale), se ne ha due 292, euro, se ne ha tre 349 euro, se ne ha quattro 393. In centro Italia l’ipotetica famiglia Rossi dovrà pagare 247 euro se un figlio, 297 se ne ha due, 354 se ne ha tre, 398 se ne ha quattro. Nel sud Italia la stessa famiglia dovrà versare al suo comune 251 euro se ha un solo figlio, 290 se ne ha due, 331 se ne ha tre, 361 se ne ha quattro. A queste cifre, viene spiegato, si arriva attraverso un calcolo che incide sui figli sia nella parte della tariffa fissa (che cresce al crescere del numero degli abitanti) sia in quella variabile, perché il peso del singolo figlio cresce al crescere del loro numero. Nel dettaglio, la presenza di un figlio tra le quattro mura domestiche determina un aumento di un coefficiente compreso fra 0,4 e 0,5 (è il comune di residenza a scegliere se applicare la fascia bassa o la fascia alta), mentre la presenza del secondo figlio comporta un ulteriore coefficiente compreso fra 0,4 e 0,7. Commenta Caltabiano: «Chissà per quale motivo si assume il principio secondo cui il secondo figlio (0,7) debba sporcare molto più del primo (0,5)». Con tre figli, poi, la famiglia pagherà ancora di più: l’aumento corrisponde ad un coefficiente fra 0,7 e 0,6, mentre dal quarto figlio in poi ci sarà un ulteriore aumento per figlio pari ad un coefficiente di 0,5.

6 giugno 2013

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