Narducci, giornalismo al servizio dei cattolici
Don Giuseppe Merola firma un testo dedicato a colui che fu direttore di Avvenire dal 1969 al 1980, in occasione del 25° anniversario della scomparsa. L’analisi di 209 editoriali di prima pagina di Daniele Piccini
«Una forza comunicativa superiore, messa al servizio dei cattolici italiani». Con queste parole don Giuseppe Merola, docente di Dinamica della comunicazione presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose di Capua, ha riassunto i risultati delle sue ricerche su Angelo Narducci, direttore del quotidiano Avvenire dal 1969 al 1980. Al responsabile del giornale fondato a Milano nel dicembre 1968 per volontà dell’allora Pontefice Paolo VI, don Merola ha infatti dedicato un volume scritto in occasione del 25° anniversario della scomparsa del giornalista aquilano e in uscita proprio in questi giorni (“Angelo Narducci e Avvenire. Storia di un giornalista, poeta, politico con l’ansia di essere cristiano”, Roma, Aracne, pagg. 242).
Il libro – che mette a fuoco 209 editoriali di prima pagina firmati da Narducci dal 1969 al 1984, oltre che materiale inedito raccolto dalla moglie, Giovanna Annibale – è stato presentato mercoledì scorso (27 gennaio 2010) presso la Sala Marconi di Radio Vaticana, alla presenza di numerosi giornalisti della redazione di Avvenire, di ieri e di oggi. Nel corso dell’incontro, promosso dall’Unione cattolica stampa italiana e moderato da don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, Angelo Scelzo, sottosegretario del pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, ha sottolineato l’impulso dato da Narducci alla nascita delle testate diocesane: «Nel 1972 Avvenire diventa il primo quotidiano del Paese a teletrasmettere un’edizione del giornale da Milano a Pompei, città da cui veniva poi stampato e diffuso nell’Italia del centro e del sud. È proprio innestando su queste pagine nazionali, quelle di carattere locale, che nacque il primo giornale diocesano d’Italia: Salerno Sette. Narducci favorì senz’altro l’avvicinamento di Avvenire alle realtà ecclesiali del territorio».
Angelo Paoluzi, successore di Narducci alla guida del giornale e autore della prefazione del libro, ha tratteggiato un ritratto professionale e umano del direttore di Avvenire, scomparso il 10 maggio del 1984: «Narducci riusciva ad avere, con i suoi collaboratori, un rapporto al contempo schietto e autorevole, un’enorme disponibilità all’ascolto ed una pazienza infinita. Inoltre, grazie alla sua profonda capacità di sintesi delle grandi questioni, è riuscito a essere punto di riferimento dei cattolici confusi, ottenendo anche il rispetto dei più radicali».
Nell’intervento dell’attuale direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il dibattito su Narducci si è trasformato in una riflessione sulla vocazione del quotidiano milanese: «In origine, Papa Paolo VI voleva che il giornale vivesse soprattutto del suo radicamento nelle realtà locali. Credo però che negli anni ’70 Avvenire sia riuscito a diventare anche giornale di opinione, pur non dimenticando mai le sue redazioni diocesane. Gli anni della direzione di Narducci somigliano molto ai nostri. Ieri le leggi sul divorzio e sull’aborto e poi il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Oggi le discussioni sulla legge 40 (sulla procreazione medicalmente assistita, ndr) e sulla natura dell’uomo. Avvenire resterà fedele alla sua missione se continuerà a fare giornalismo innocente, limpido e vero, al servizio della comunità».
29 gennaio 2010