Monsignor Peracchi, 28 anni intensi con i diaconi

L’impegno e i ricordi del primo delegato dell’Urbe a questo servizio pastorale, ripristinato nel 1980 nella diocesi di Roma. Passerà il testimone a monsignor Filippi di Claudio Tanturri

«Maria, ecco i tuoi figli. Figli, ecco vostra madre». Questa frase, pronunciata davanti all’immagine della Madonna della Fiducia, costituisce l’atto di affidamento alla Vergine dei diaconi permanenti, al culmine del loro quinquiennio di formazione. Un percorso lungo e articolato verso il sacramento ministeriale che, fin dal suo ripristino nella diocesi di Roma, avvenuto il 1° aprile 1980, ha avuto come guida monsignor Francesco Peracchi. Delegato per la diocesi da quella data, ora lascia il testimone a monsignor Nicola Filippi. Anche se rimarrà la guida spirituale della comunità dei diaconi permanenti dell’Urbe e delle loro famiglie.

Una comunità numerosa, con 115 ministri in attività e 49 in formazione, che lo festeggerà sabato 10 nella cappella grande del Seminario Maggiore. Alle 16.30 monsignor Peracchi, 76 anni il prossimo 9 gennaio, celebrerà la Messa, a cui seguirà un momento di festa. «Quando il cardinale Poletti mi chiamò per la nomina – ricorda don Franco – gli dissi che mi aveva fatto proprio un bel pesce d’aprile. Ma lui mi fece subito notare che aveva scelto il 1° aprile perché era la festa di Sant’Ugo. Il giorno del suo onomastico. Una data non casuale, dunque. E capii quanto tenesse a quell’incarico e a quel ministero».

Di primo acchito non fu semplice, anche visto il carattere pioneristico del nuovo servizio pastorale. Ma il grande lavoro fatto, ha dato molti frutti: «Sono stati 28 anni intensi e arricchenti – afferma – prima con il cardinale Poletti poi con Ruini e da ultimo con Vallini. All’inizio del percorso collaborai con padre Luca Brandolini, allora direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato, e poi con i vescovi incaricati Vincenzo Apicella e Paolo Schiavon. «L’esperienza del diaconato permanente – dice oggi il sacerdote, che per 32 anni ha ricoperto anche l’incarico di economo del Seminario Romano – è stata meravigliosa. Ha riempito il mio tempo e il mio cuore e ha delle prospettive molto ampie nel futuro della Chiesa».

Le origini di questo ministero affondano le proprie radici nella Chiesa dei primi secoli. Col passare dei tempi, si verificarono dei mutamenti che portarono addirittura alla sua scomparsa per quanto concerneva gli uomini sposati. Ma durante il Concilio Vaticano II giunse l’invito a restaurare il diaconato permanente. Invito attuato da Paolo VI con il motu proprio “Sacrum diaconatus ordinem”. Le diocesi italiane si attivarono e nel 1980 toccò a Roma. La sede fu posta a San Teodoro. «Nel novembre del 1982 – ricorda don Franco – arrivò la prima ordinazione: Tullio Maiorino». A essa seguirono nel giro di pochi anni quelle di Amedeo Camilei, Peppino Scutti, Memmo Meschini, Paolo Serafini, Luigi Bencetti e poi di tutti gli altri. «Con essi e con le loro famiglie c’è un rapporto strettissimo. Le mogli di questi uomini, infatti, sono parti attive nella loro scelta. Se ne fanno carico e se ne prendono cura partecipando a tutti i momenti di incontro anche attivamente – otto di esse sono a loro volta formatrici -. Senza di loro i mariti non potrebbero rispondere a questa chiamata».

La famiglia, il lavoro, la parrocchia sono infatti le tre priorità a cui è chiesto di assolvere prima di qualunque passo. Si va dagli incontri settimanali alle liturgie e ai ritiri mensili, tra questi anche quelli residenziali di tre giorni e i pellegrinaggi. «Appuntamenti, durante gli anni di formazione, ai quali è obbligatorio partecipare con le proprie spose». Per non parlare poi dello studio all’Ecclesia Mater e dei compiti pastorali nelle rispettive parrocchie. Dati che fanno riflettere ancora di più sull’importanza di questi 28 anni di lavoro.

7 gennaio 2009

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