Monsignor Forte: «Educare alla bellezza di Dio»

L’invito dell’arcivescovo di Chieti – Vasto all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Europea di Roma. Il rettore, padre Scarafoni: «Dobbiamo formare persone creative» di Federica Cifelli

Cultura ed educazione; povertà e giustizia sociale; famiglia e vita. Questi i grandi temi che muovono l’impegno dell’Università Europea di Roma, che ha aperto oggi, 15 novembre, il suo settimo anno accademico. Lo ha sottolineato il rettore padre Paolo Scarafoni introducendo la lezione inaugurale. «La crisi economica generale internazionale – ha osservato il religioso – non passerà tanto facilmente, perché è profonda e culturale. È un fatto che la cultura occidentale non sa dove andare, non ha un’idea chiara di umanità. Non ha un’identità». È urgente quindi «una grande riflessione sull’emergenza antropologica ed educativo – famigliare». Una sfida che l’ateneo retto dai Legionari di Cristo intende raccogliere con rinnovato slancio. «Dobbiamo formare persone creative – ha continuato il rettore -. Ci vogliono linfe nuove che non alimentino i meccanismi dei vecchi circoli ristretti e traversali che ci hanno portato al turbo-capitalismo senza regole e senza senso». Nuove leve che «da cristiani» possano contribuire a creare modelli sociali di sviluppo bastai su «forme di mutualità e cooperazione orientate al bene comune».

Dedicata al tema ineludibile dell’educazione anche la lectio magistralis tenuta dall’arcivescovo di Chieti – Vasto monsignor Bruno Forte, che a studenti e docenti dell’ateneo di via degli Aldobrandeschi ha ricordato le coordinate essenziali della «sfida educativa». A cominciare da una premessa: «La realtà di un mondo senza Dio in cui non di rado ci pare di trovarci è forse solo il frutto di questo “Dio senza mondo”, come risulta a molti ai quali vorremmo proporlo, che parlano ormai linguaggi totalmente diversi dai nostri». Attraverso l’icona biblica dei discepoli di Emmaus l’arcivescovo ha quindi sottolineato che «l’educazione è un cammino: si pone nel rischio e nella complessità del divenire della persona, teso tra nostalgie e speranza». In questo cammino è decisivo scegliere ogni giorno «ciò su cui sta o cade il senso ultimo della nostra vita». L’annuncio della vita vittoriosa sulla morte: è questa «la nuova evangelizzazione di cui ogni generazione ha bisogno. Ci sarà sempre bisogno di educatori che siano persone dal cuore nuovo, capaci di cantare il cantico nuovo della speranza e della fede lungo le vie, talvolta tortuose e scoscese, che i pellegrini del tempo sono chiamati a percorrere».

Due, per monsignor Forte, le condizioni che stanno alla base di questo processo educativo, finalizzato alla scelta «libera e fedele» del bene. La prima è il dono del tempo. «Occorre avere tempo per l’altro e dargli tempo, accompagnandolo nella durata con fedeltà. Chi ha fretta o non è pronto ad ascoltare e accompagnare pazientemente il cammino altrui, non sarà mai un educatore». La seconda condizione è la relazione interpersonale. Oggi, ha osservato, «siamo malati di assenza, poveri di speranza e di grandi ragioni, sempre più soli perché privi di un sogno comune. Scommettere sulla possibilità di creare ponti fra le solitudini diventa allora questione vitale». Occorre camminare insieme. «Prima che essere per l’altro, chi educa deve stare con l’altro», ha continuato l’arcivescovo, invitando a realizzare anche in campo educativo quella «convivialità delle differenze di cui è esempio eloquente il comportamento del misterioso Viandante sulla via di Emmaus: si fa prossimo, accompagna il cammino dei due, ascolta, trasforma il loro modo di vedere». Attraverso «la compagnia della vita, lo spezzare insieme il pane dei giorni, stando in cammino con l’altro per comprendere e parlare al suo cuore e trasformarlo».

Accompagnare, ha ribadito il teologo, vuol dire «prevenire e accogliere l’altro nell’amore». Renderlo partecipe di una memoria viva, «capace di inserire la persona nella realtà totale che conti per lei e per tutti. Solo in una relazione di amore fedele e ricca di memoria, nutrita di radicamento nel passato da cui veniamo, passa la vita che illumina la vita. Tanto tra genitori e figli quanto in generale tra insegnati e alunni, educatori e discepoli, pastori e popolo loro affidato». All’orizzonte, un’ultima sfida: accendere la profezia, contagiando il coraggio e la gioia. «È scopo dell’educazione – ha continuato monsignor Forte – schiudere orizzonti, raccogliere le sfide e accendere la passione per la causa di Dio tra gli uomini, che è la causa della verità, della giustizia e dell’amore». Accendere la vita col dono della vita, «suscitando i cammini di libertà di un’esistenza significativa e piena, spesa al servizio della verità che sola rende e renderà liberi». L’educatore «o è testimone di una speranza affidabile, contagiosa di verità e trasformante nell’amore, o non è. Non rinunciamo ad accogliere questa sfida, qualunque sia il livello di responsabilità che ci è dato di vivere. E confidiamo nel divino Maestro».

15 novembre 2011

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