Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti

Fino al 6 aprile alla Fondazione Roma Museo di Palazzo Cipolla più di 100 opere della collezione Netter. Il percorso espositivo rende la disperazione esistenziale degli artisti nella Parigi degli anni ‘20 di Francesca Romana Cicero

L’intuito illuminato dell’ebreo alsaziano Netter, che incoraggiò e sostenne artisti, le cui opere allora erano considerate poco più che delle croste, e la vivacità culturale di Parigi, concorsero nel formare e definire uno dei periodi più felici e creativi degli anni ‘20. In quegli artisti sconosciuti, talentuosi e squattrinati, dediti a droghe e alcool, per lo più provenienti dall’Europa dell’Est, Netter, che non poteva permettersi i dipinti degli impressionisti che tanto amava, riconobbe dei capolavori, che acquistò nell’arco di una vita.

La mostra a Palazzo Cipolla “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti” presenta più di 100 opere di questa collezione, realizzata grazie anche alla mediazione di Léopold Zborowski, mercante e poeta ebreo polacco. Più che un confronto di capolavori il percorso è l’espressione pittorica della disperazione esistenziale di ebrei erranti che, come il nostro Modì, si sono recati a Parigi per salvare il loro sogno. Parigi infatti negli anni ‘20 per la vivacità del mercato dell’arte, il clima di libertà che vi si respirava, i traffici e la diplomazia, si configurava come luogo ideale per incontri di pittori, poeti ed intellettuali, che si davano appuntamento nel tardo pomeriggio nei café di Montmartre e Montparnasse. In mostra la poeticità del quotidiano, la sensualità o l’evocazione di paesaggi di artisti bulgari, polacchi, lituani etc, accomunati da destini tragici, vite maledette che trovano espressione nell’ arte.

La cosiddetta “la leggenda nera” è stata alimenta dal nostro Modigliani, che amava farsi chiamare maudì, omofono di “maudit” (maledetto), morto giovanissimo dopo una vita di sregolatezze. In mostra una selezione di suoi capolavori, inconfondibili per quei soggetti dallo sguardo fisso, senza pupille, le cui linee nere del contorno sembrano ancor più delimitare il soggetto in una dimensione propria. Anche le sue modelle sembrano condividerne la sorte tragica: Elvire, ritratta con colletto bianco, è una cantante che posa per artisti di Montmartre e Montparnasse. Sarà fucilata come spia in Germania nella Grande guerra. Mentre Jeanne Hébuterne, musa e compagna della vita, si suicidò il giorno dopo la sua morte, mentre aspettava il loro secondogenito.

Segue Soutine, soprannominato “il lercio”, dall’infanzia difficilissima, che piaceva tanto a Netter. E poi Utrillo, chiamato “Litrillo” per la sua propensione all’alcool, aiutato da Modigliani, che ne comprese la difficoltà di affrontare la vita, anche quando l’amico gli sottrasse e vendette i vestiti mentre dormiva, in cambio di due bottiglie di vino. Innamorato della madre, la pittrice Suzanne, che era stata modella e amante di diversi artisti, fino a quando aveva cominciato a dipingere lei stessa, osservando i pittori per i quali posava. Il suo nome, ideato da Lautrec, era una rievocazione della Susanna biblica, che due vecchioni tentano di sedurre durante il bagno.

E poi ancora Derain, amico di Apollinare e di Vlaminck, fondatore del Fauvismo, che un giorno vide in un bar una statuetta africana, che Derain avrebbe poi mostrato a Picasso. Statuetta senza la quale, per alcuni, non ci sarebbero state né le Grandi bagnanti di Derain né Les damoiselles d’Avignon di Picasso. E ancora, tra gli altri, citiamo Epstein, arrestato dalla Gestapo e spedito ad Auschwitz nel marzo del 44, da dove non farà più ritorno.

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter. Fino al 6 aprile 2014 c/o Fondazione Roma Museo – Palazzo Cipolla, Via del Corso, 320. Curatore: Restellini. Catalogo: 24 Ore Cultura – Gruppo 24 in mostra €.34,00. Orari: Lunedì 14.00 – 20.00; da martedì a domenica 10.00 – 20.00.Ingresso: Intero €.13,00; ridotto €.11,00. Info: 06 98373328

7 febbraio 2014

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