Lorenzo Tagliavanti: la Capitale, motore di sviluppo

Il vicepresidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti fa il punto sulla situazione economica della Capitale di Mariaelena Finessi

Lorenzo Tagliavanti, 49 anni, dall’estate scorsa è vicepresidente della Camera di Commercio di Roma. Già direttore della Confederazione nazionale dell’artigianato e della Borsa Immobiliare di Roma, Tagliavanti risponde alle domande sulla situazione economica della capitale, che mostra una vitalità in assoluta controtendenza rispetto all’andamento nazionale. Confermandosi, ormai da qualche anno e nonostante alcuni grossi problemi che restano, motore di sviluppo e modello da copiare.

Presso la Camera di Commercio è conservata l’anagrafe delle imprese: quali sono, attualmente, le maggiori realtà produttive? Quali i settori più forti?
Le imprese iscritte a Roma sono 395mila. Rispetto al 2004 la crescita è stata dell’1,8 per cento, a dispetto del dato nazionale che si è fermato all’1,5 per cento. Sul territorio romano, poi, è presente il 6,6 per cento del totale delle imprese italiane. Il settore che ha spinto maggiormente è stato il terziario avanzato, che quest’anno ha registrato un vero e proprio boom, in particolare nei servizi alle imprese. Una parte importante di questa crescita è stata realizzata nell’artigianato, anche se i settori in cui Roma resta tradizionalmente forte sono l’edilizia ed il commercio.

Secondo i dati diffusi dall’Unioncamere/Tagliacarne, l’economia romana mostra di essere in controtendenza rispetto all’andamento nazionale: Roma sale addirittura dal 13° all’8° posto nella classifica del reddito procapite delle province italiane. Le ragioni?
Quando Roma sale di così tanti posti (e stiamo parlando della più grande città italiana) vuol dire che è un’intera comunità a fare un balzo in avanti, specchio di un maggiore benessere dei cittadini romani che da soli rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione regionale. Un balzo, per di più, realizzato in poco tempo e in una fase di spesa pubblica calante. Dico questo perché Roma ha settori dell’economia che dipendono proprio dalla spesa pubblica: è dunque paradossale che, fatte queste premesse, la città sia cresciuta economicamente. Il merito forse è proprio dei cittadini, che hanno scelto di mettersi in gioco come imprenditori. In particolare i giovani, ormai non più in attesa del posto pubblico: tentano le strade dei settori più innovativi, il tecnologico e la ricerca scientifica, anche perché Roma – in quanto metropoli – realizza al pari delle altre grandi città europee le migliori condizioni per far fronte ad un nuovo modo di fare economia, la globalizzazione.

Anche la “cultura”, però, genera reddito. Roma, più di altre città, sembra averlo capito…
Roma si è avvantaggiata tantissimo del turismo, a differenza di quanto avviene a livello nazionale. Questo perché è riuscita a dare, soprattutto all’estero, un’immagine di sé fresca e nuova. La rinascita culturale – manifesta in una maggiore attenzione all’arte, al teatro e alla musica – fa di Roma la più dinamica città italiana. Un dato: l’Auditorium ha superato la storica Scala di Milano, sia in termini di biglietti venduti che di fatturato, merito anche di Veltroni che ha saputo puntare sul senso della coesione e del bello.

Dal 1991 al 2001, stando ai risultati di un vostro studio, Roma ha visto crescere le microimprese del 75,9%. Eppure quella romana è una realtà metropolitana. Com’è possibile allora che le piccole e piccolissime aziende riescano a trovare spazio e, di più, a competere ad esempio con la grande impresa?
L’Italia è un Paese che ha il proprio sistema economico talmente basato sulle piccole imprese che, nella prima fase di confronto con l’economia globalizzata, mentre i “grandi” sono andati in crisi, i “piccoli” hanno tenuto posizione. Questo perché la piccola impresa ha capacità e flessibilità, qualità che le permettono, messa di fronte ai cambiamenti, di essere più rapida nel cogliere occasioni e opportunità.

“Abitare la periferia” ha sempre significato vivere un problema legato in modo particolare al reperimento della casa e alla fruizione dei servizi. Crede che possa cambiare qualcosa nel futuro prossimo?
Molte zone sono già migliorate, tuttavia è vero: ci sono problemi nella mobilità che, se non risolti, possono bloccare anche l’economia. Esistono progetti di trasporto in atto – come la “metro C”, ad esempio –, ma sono preoccupato su questo aspetto perché la viabilità è tema di competenza pubblica. E l’inspiegabile “non riconoscimento” da parte del governo delle esigenze di una Capitale ci danneggia molto. Noi ci attenderemmo risorse superiori rispetto a quelle stanziate. Avere una Capitale efficiente non è un problema dei romani ma degli italiani. L’intero paese se ne avvantaggia.

Qual è la realtà imprenditoriale femminile a Roma e nel Lazio? E quali sono gli strumenti adottati per incentivarne ulteriormente la crescita?
Le donne sono titolari del 22 per cento delle imprese romane, poco sotto la media nazionale. Per incentivare la crescita di questa imprenditoria femminile presso la Camera di Commercio è stato istituito il Comitato impresa donna che ha attivato una serie di corsi, anche on line, volto alla formazione delle donne.

Qual è, e “quanto è”, il ruolo degli immigrati nell’economia laziale?
Gli immigrati fanno parte determinante di questa crescita economica, rappresentando il 5-10 per cento dell’artigianato e del commercio. In alcuni settori addirittura, come l’edilizia, arrivano a rappresentare il 22 per cento del totale. Senza pensare al contributo della manodopera: se oggi gli extracomunitari andassero via si fermerebbe la macchina edilizia romana. Dal punto di vista economico ne abbiamo tutti i vantaggi, insomma, ma non sempre riusciamo a dare risposte sociali a questi nuovi cittadini. Penso agli alloggi ma, d’altra parte, trattiamo male anche gli italiani.

31 ottobre 2005

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