Lo sport in crescita nel mondo del “no profit”

Più di 30 su 100 le realtà del settore di carattere sportivo, con 13mila lavoratori dipendenti e 75mila esterni. Risorse retribuite e volontarie cresciute, dal 1999, del 63%. Istat: presenza capillare sul territorio di R. S.

Su 100 istituzioni del non profit italiano, più di 30 (per l’esattezza, il 30,8%) sono di carattere sportivo: istituzioni giovani, specializzate, inserite nel territorio e di piccole dimensioni, per lo più nate nell’ultimo decennio (più di 6 su 10) e in crescita, rispetto al 1999, del 63%. A farne l’analisi, ieri, giovedì 17 luglio, nell’ambito dell’evento “Lo sport in Italia. Numeri e contesto”, il presidente del Coni Giovanni Malagò e quello dell’Istat Antonio Golini. Le fonti utilizzate: il IX Censimento dell’industria e dei servizi e Censimento delle istituzioni non profit, l’Indagine multiscopo e il monitoraggio del Coni sulle Federazioni sportive.

Obiettivo puntato, dunque, sulle caratteristiche e sulle dimensioni dello sport dilettantistico e agonistico e sulle “misure” della pratica sportiva in Italia. In questo mondo i volontari sono circa un milione, i lavoratori dipendenti 13mila e quelli esterni 75mila; tra il 1999 e il 2011 le risorse retribuite e volontarie sono cresciute del 63%. Si tratta per lo più di persone giovani: il 23,7% ha meno di 30 anni. Alto il livello di partecipazione dei soci alle attività, con il 75% dei volontari nello sport che è anche socio.

Le istituzioni sportive hanno dimensioni più contenute rispetto a quelle rilevate nel complesso del non profit; anche in termini di dimensione economica si registrano valori medi più ridotti. Fra le particolarità, le 6.816 istituzioni sportive che svolgono attività rivolta a persone con specifici disagi: il 13,6% del totale di istituzioni non profit che erogano servizi a persone con disagio. Il 72,5% di esse si rivolge a persone disabili o non autosufficienti. Nella maggior parte dei casi i servizi riguardano l’organizzazione di corsi per la pratica sportiva (84%) e/o di eventi sportivi (69,7%); l’8,8% delle istituzioni prese in esame ha realizzato interventi per l’integrazione sociale dei soggetti deboli o a rischio; l’8,2% si è occupato della gestione di centri aggregativi e di socializzazione e il 7,9% ha organizzato viaggi ed escursioni.

Per l’Istat si tratta di «una realtà diffusa in modo capillare sul territorio, in grado di fornire un rilevante contributo alla coesione sociale e alla promozione della persona». A livello territoriale le zone con maggiore attività sono Bolzano, Valle d’Aosta, Trento, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Marche. Il privato è la principale fonte di finanziamento. Contributi degli aderenti e vendita di beni e servizi, le prime voci di bilancio.

18 luglio 2014

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