L’arte di vivere in città tra le differenze

di Angelo Zema

L’occhio impietoso delle telecamere rimanda immagini di una scena di aggressività urbana: alla stazione Anagnina della metropolitana, dopo una lite, una donna finisce a terra, colpita da un uomo, ed entra in coma. Il caso fa scalpore. Ma non è isolato. Altri episodi di aggressività, a volte altrettanto cruenti per l’esito finale, hanno costellato la cronaca recente: basti pensare all’uomo ucciso nell’aprile dello scorso anno mentre era in automobile con moglie e figlie, aggredito a coltellate da un altro uomo che voleva mettere l’auto nello stesso parcheggio.

Liti banali che sfociano in tragedia. Oppure diverbi futili dalle conseguenze minori, come quello tra un tassista e un automobilista, mercoledì scorso, nel centro storico. La telecamera rende noti a tutti solo alcuni casi, i media amplificano con approfondimenti e interviste o già con il semplice ripetersi delle immagini. Ma l’aggressività è un fenomeno ricorrente in una metropoli caotica che disorienta e respinge. Perfino un parcheggio o la fila al supermercato o negli uffici pubblici può diventare una lotta; sporcare spazi della collettività o di altri, fare schiamazzi o provocare rumori molesti in ore notturne sono tra i segni di una dilagante arroganza.

Piccole frequenti violenze quotidiane. Si vive – non tutti, certo, ma è realtà diffusa – in maniera totalizzante il proprio spazio ignorando quello dell’altro. L’ambiente diventa estraneo; ogni novità procura tensioni che si accumulano; la paura cresce nei quartieri, pur di fronte alla meritoria e non facile opera delle forze dell’ordine. I sociologi forniscono le loro motivazioni, qualcuno parla di una «emergenza educativa» profonda. Parola che la Chiesa conosce bene: il Papa ne ha parlato spesso e la Chiesa italiana ha all’ordine del giorno del decennio proprio questo argomento. La diocesi di Roma, attraverso la Caritas, rilancia l’appello alla cultura della solidarietà con l’iniziativa «Capitale solidale». Parola che rischia di essere lontana dalla realtà di fronte al clima descritto.

Ogni componente della società – cittadini, famiglie, scuola, istituzioni, mass media – è chiamata a farsi carico delle proprie responsabilità. Per praticare e reimparare ogni giorno l’arte di vivere tra le differenze, guardando alla città come luogo di opportunità e di risorse piuttosto che di conflittualità e di pericolo.

15 ottobre 2010

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