L’amore negato

di Angelo Peluso

Quante volte nella nostra quotidianità ci siamo imbattuti in persone che hanno un’abilità particolare a creare tensione e ansia negli altri con i loro comportamenti, soprattutto con la contraddizione continua di ogni azione o pensiero.

Come definire questi “oscuri personaggi” che si creano un’identità solo soffocando quella altrui? A lavoro, tra conoscenti, nella famiglia, o in storie occasionali apprese dalla stampa incontriamo personaggi capaci di tessere intrecci assurdi che non hanno alcuna apparente logica se non quella di “dar loro piacere” nel creare un clima pesante da cui non sempre i malcapitati possono fuggire.

Quanto detto finora è amplificato qualora gli stessi meccanismi avvengano nella famiglia o nel rapporto affettivo con un partner con un’identità malata. La molestia, nel mobbing, nasce da episodi insignificanti e si propaga lentamente e in modo insidioso. La vittima subisce manovre ostili e degradanti che inevitabilmente influenzano anche la sua sfera privata. La caratteristica comune è che questi induttori di malessere usano l’arma del “sorriso amichevole” per far illudere la loro vittima di aver trovato un riferimento affettivo.

«I perversi narcisisti sono considerati psicotici senza sintomi, che trovano il loro equilibrio scaricando su qualcun altro il dolore che non provano e le contraddizioni interiori che si rifiutano di percepire. “Non lo fanno apposta” a ferire, ma non sanno fare altro per esistere. Sono stati feriti a loro volta da piccoli e cercano di mantenersi in vita così. Questo transfert di dolore permette loro di valorizzarsi a spese altrui» (Hirigoyen).

Queste personalità narcisiste hanno una sensazione di grandezza, un estremo egocentrismo, una totale assenza di empatia per gli altri, anche se sono avide di ottenere ammirazione e approvazione. Ignorano in particolare i sentimenti veri di tristezza e di dolore obbligati a costruirsi un gioco di specchi per darsi l’illusione di esistere.

L’induttore di malessere , perciò, non attacca mai frontalmente, in modo diretto, allo scopo di guadagnare l’ammirazione altrui per ricevere una “riflessa buona immagine di sé”. A questo si aggiunge un atteggiamento strategicamente sottomesso: la seduzione perversa si realizza proprio sfruttando gli istinti protettivi altrui.

L’atteggiamento seduttivo aiuta a “distrarre e a manipolare”. La seduzione narcisista confonde, cancella i limiti di quello che è “sé” e di quello che è “altro”, perché la presenza altrui è vissuta come una minaccia – non come una complementarità – anche se mira all’incorporazione dell’altro a scopo distruttivo.

Un’altalena di sentimenti ambigui si impadronisce del povero malcapitato, il quale perde sempre più il suo già precario rapporto con la realtà e, soprattutto, con l’immagine di se stesso.

L’induttore di malessere con abilità, infatti, fa finta di appoggiarsi alla sua vittima (chiede consigli, valorizzandola in apparenza ecc.) anche perché ne ha realisticamente bisogno per poi contraddirlo alla prima occasione in cui l’altro non rientra nei propri giochi relazionali.

I soggetti distruttivi generano disordine e infelicità e utilizzano tutta la loro energia per cercare continuamente nuova coperture per le loro paure non risolte. A volte diventano talmente esperti e bravi nel coprire la loro profonde voragini che appaiono come persone perfette, bravissime, buone, amabili e generose. Non è facile riconoscerle, spesso sono attori bravissimi, capaci di recitare le più impensabili parti.

Una domanda impellente è quella di chiederci come evitare che si strutturino “personalità così destabilizzanti” che oltre a negare a se stesse l’amore , lo impediscono anche ad altri.

È fuori dubbio che la salute mentale nasce nell’ambito della famiglia e dei suoi modelli relazionali a cominciare dalla “manifestazione vera dell’affettività”, sia all’interno della coppia genitoriale che nelle relazioni “con e tra” i figli e il mondo circostante. È anche fuori dubbio che è impossibile definire i criteri ottimali di un percorso che “favorisca” una costruttiva identità personale che non abbia bisogno di sostegni esterni su cui appoggiarsi o in maniera passiva o in maniera predatoria, schiavizzando un’altra persona.

La persona mentalmente sana ha interiorizzato figure parentali affettuose e protettive, che la appoggiano nei momenti di crisi e forniscono un sostegno interiore di fronte ai fallimenti. La persona sana apprezza la cooperazione e la collaborazione con gli altri, e anche la competizione, se non comporta l’umiliazione dei rivali. Questa persona vede la vita non come una lotta di tutti contro tutti, ma come una sfida positiva.

Un indicatore forte della salute mentale è costituito dalla capacità di sopportare l’ansia provocata da un conflitto interiore o esterno senza disgregarsi o lanciarsi in azioni drastiche. La persona sana non dipende eccessivamente dall’approvazione degli altri e non viene nemmeno ferita troppo gravemente dalle loro critiche : riconosce e accetta i propri difetti e cerca aiuto quando è necessario, sapendo che non c’è bisogno di essere perfetti per potersi accettare.

18 giugno 2010

Potrebbe piacerti anche