L’amore che bussa. Appunti di viaggio
di Angelo Peluso
Parlare dell’amore non è una cosa semplice perché non esiste alcuna verità preconfezionata e soprattutto per l’imprevedibilità di questa forte emozione che è il vero motore della vita. Se dovessi scegliere due concetti di sintesi per stabilire i criteri su come si possano aiutare gli altri ad amare parlerei del “modello relazionale della coppia” e della “valorizzazione delle differenze” tra le persone da quelle caratteriali a quelle ideologiche. L’incontro che valorizza le personalità diverse tra una donna e un uomo è la chiave di lettura del tanto desiderato equilibrio affettivo.
Su questi due punti può nascere una famiglia più forte che direttamente favorirà una società più pluralista, meno violenta e più creatività. La tolleranza e la valorizzazione tra culture diverse saranno il passo successivo e rappresenteranno gli specchi che a catena coinvolgeranno i bambini e gli adulti.
L’amore diventa solitudine interiore quando questa emozione è vissuta con colpa, paura di trasgredire quelle regole legate alla propria storia e a quella familiare.
Ogni coppia è frutto di una trama complessa che va oltre i due protagonisti ed è coinvolta – che lo voglia o meno – in fasi di crescita iniziando il cammino sulla spinta di un’emozione, di un’attrazione magica e la speranza che ad ogni risveglio al mattino e ogni notte ci sarà uno scopo diverso per vivere con più entusiasmo la propria vita. La coppia rinforza il suo legame attraverso “patti” espliciti o impliciti che definiscono il loro ruolo nel contesto allargato e in quello privato. Sia l’identità personale che quella di coppia viene riorganizzata attraverso ulteriori regole che favoriscano la libertà individuale in alcuni ambiti e una più intensa complicità nella vita a due. Solo in questo armonico processo possono trovare “spazio” i figli e si possono gestire “le inevitabili conflittualità” con una tolleranza vicendevole.
Dare “opportunità di libertà mentale” ai propri bambini non è una cosa ovvia – come illusoriamente potrebbe sembrare – perché in alcune coppie si riscontrano “due egoismi in guerra” (talvolta molto mascherata da pseudo-collaborazione) e difficilmente questo creerà le basi ad una futura personalità creativa nei piccoli i quali spesso, invece, vengono gravemente coinvolti in “subdole alleanze” nocive per tutti.
Dobbiamo imparare ad amare diversamente e non rifugiarsi nel passato su illusioni, su inadeguatezze che sono frutto solo del nostro cervello, su addii brucianti con una scarsa aderenza alla realtà o su coinvolgimenti ritenuti irripetibili con un’altra persona.
Inventiamo mondi che non ci sono mai appartenuti e diamo eccessiva importanza a storie che forse non lo erano. Comunque il passato non deve esser il nostro alibi, ma abbiamo il dovere di “tentare di rivalorizzare” chi ci è vicino: una maggiore tolleranza, vivere la diversità come creatività per la coppia, ricolorare il contesto, inventare nuovi paesaggi e soprattutto far emergere la persona che è in noi e nell’altro.
E la favola della piccola Fortunata (“La Gabbianella e il Gatto”) ci deve essere da esempio.
«Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall’uovo. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene che tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un esser diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana: devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi».
È nel rendere creativo ogni incontro l’esaltazione della nostra intelligenza; dà un grande significato al nostro essere donne e uomini. Alla fine della giornata dovremo imparare a fare un bilancio e l’essere stati utili a qualcuno è la gratificazione maggiore al di là di tante frequenti banalità.
A un giornalista televisivo che le chiedeva cosa potesse fare per lei per diffondere la sua opera, Madre Teresa rispose: «Se vuoi davvero fare qualcosa, domani mattina alzati alle quattro e esci per la strada. Trova qualcuno che vive lì e che si sente solo, e convincilo che non lo è. Ecco cosa puoi fare».
Da queste basi nasce la capacità ad amare profondamente e noi dobbiamo permettere di aprire le porte all’amore che bussa.
La nostra vita è una continua storia dell’amore che bussa. È un dono che ci accompagna in tutte le città che troviamo nel nostro cammino, in tutti i volti che sfiorano i nostri occhi, in tutte le emozioni di gioia e di dolore che toccano il nostro cuore.
Il messaggio di speranza che vorrei lasciare, è quello che ognuno si senta come un raggio di sole che possa trasmettere calore e luce a se stesso e attorno a sé sciogliendo le tante porte di ghiaccio da cui siamo circondati e che si aprano finalmente all’amore che bussa.
23 aprile 2003