La visita del Papa a Lampedusa

Le reazioni del mondo delle associazioni al viaggio di Francesco e alla celebrazione nello stadio Arena. Padre Lombardi: «Ha dato una testimonianza. Lui spera che resti» di R. S.

Diecimila persone. Questo il numero di fedeli che affollava lo stadio “Arena” di Lampedusa ieri mattina, lunedì 8 luglio, quando Papa Francesco celebrava la Messa in cui ha chiesto perdono per la «globalizzazione dell’indifferenza» che ha cancellato il senso della responsabilità fraterna, pregando per quei 19mila morti alle porte d’Europa, vittime del mare. Una visita «estremamente positiva», l’ha definita il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi incontrando i giornalisti al termine della mattinata. «Il Papa ha dato al mondo una testimonianza. Lui spera che resti», ha commentato.

«Abbiamo apprezzato il senso di disponibilità e l’impegno di tutti – ha continuato il portavoce vaticano -. Hanno organizzato la visita del Santo Padre in soli cinque giorni: tutti si sono mobilitati per raggiungere questo risultato, dalla parrocchia, alle forze dell’ordine, al sindaco. Il Papa è molto grato». Quindi, soffermandosi sull’appello alla responsabilità rivolto da Papa Francesco ha chiarito che si tratta, come sempre, di un appello rivolto alla coscienza di tutti. «Il Papa – ha osservato – non esime nessuno dalle proprie responsabilità e chiama in causa prima di tutto se stesso». I livelli più bassi della società, vale a dire, non sono più innocenti degli altri, «altrimenti sarebbe un modo di deresponsabilizzare qualcuno». Certo, ha sottolineato padre Lombardi, quello di Francesco «è stato anche un richiamo a chi ha potere effettivo sulle conseguenze sociali ed economiche, perché sono espressione di una società e di un modo di pensare. La sua non è un’accusa contro qualcuno in particolare ma un richiamo alla responsabilità, a tutti i livelli».

«Profonda gioia e commozione» per la visita e le parole pronunciate dal Papa a Lampedusa anche nel commento di padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli: «Gli ultimi di cui nessuno parla, le vittime di guerre ingiuste e di dittature insensate – ha dichiarato – oggi sono il centro del mondo. Francesco, il Papa dai gesti semplici e dalle parole potenti. Niente mediazioni, niente sconti. Da oggi i religiosi, i volontari, i rifugiati, tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno fatto dell’accoglienza il loro stile di vita si sentono meno soli». Anche per Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, «dalla celebrazione penitenziale di Papa Francesco a Lampedusa si leva forte l’invito a vincere l’indifferenza dei tanti che hanno distolto lo sguardo dalle sofferenze dei più poveri, ma anche l’urgente appello a rovesciare la logica delle decisioni socio – economiche che in un mondo globalizzato hanno consentito o non hanno evitato il prodursi dei tanti drammi umani che si sono consumati silenziosamente nelle acque del Mediterraneo».

«Morte, indifferenza e perdono»: queste le tre parole di Papa Francesco che hanno particolarmente colpito il direttore generale della Fondazione Migrantes monsignor Giancarlo Perego. «Morte: l’attenzione ai morti del Mediterraneo; indifferenza, la globalizzazione dell’indifferenza che chiede la globalizzazione della solidarietà. E poi perdono: la richiesta di perdono da parte di tutti noi per la morte di tanti nostri fratelli e sorelle, per il loro abbandono e per il loro sfruttamento soprattutto da parte delle nuove mafie della tratta degli esseri umani», ha spiegato. A queste tre parole corrispondono tre impegni: «L’impegno a non dimenticare; a vincere l’indifferenza anche nelle nostre comunità, e una maggiore responsabilità sociale e politica dei cristiani di fronte alla tutela della dignità dei nostri fratelli e sorelle in cammino e in fuga». Da Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, arriva invece l’invito a leggere e affrontare il fenomeno migratorio in chiave familiare. «Spesso i percorsi migratori sono “progetti familiari” di ricongiungimento o di esodo dalla povertà», ha dichiarato. Ma la famiglia, oltre a essere spinta verso la migrazione, «è anche fattore di integrazione e stabilizzazione per i migranti, fattore insostituibile di protezione per ogni persona e di promozione di responsabilità sociale – ha continuato -. Il ricongiungimento familiare deve dunque essere considerato strumento strategico per migliorare la qualità dei processi di integrazione e di responsabilizzazione dei migranti».

9 luglio 2013

Potrebbe piacerti anche