La Veglia diocesana per le vocazioni

Presieduta dal cardinale Camillo Ruini si è svolta sabato 12 in una basilica Lateranense gremita di giovani, consacrati, seminaristi, suore e sacerdoti di Alfredo Tedesco

Vocazione, chiamata, sequela, sono parole che, come cristiani, non dobbiamo mai temere di pronunciare. Si sono sentite tante volte durante la Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni animata dalla pastorale giovanile della diocesi di Roma e presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini. Tra canti, adorazione e testimonianze, in uno stile volutamente più giovanile – come afferma don Maurizio Mirilli, del Servizio per la pastorale giovanile – sabato 12 aprile la cattedrale di Roma si è totalmente riempita di giovani delle parrocchie, laici, consacrati, seminaristi, suore, sacerdoti per uno scopo ben preciso: chiedere al Signore operai per la sua messe e testimoniare la bellezza della sequela di Gesù Cristo.

Questo è emerso continuamente durante la preghiera a cominciare dalla omelia del cardinale vicario, che nel commentare il primo capitolo della prima lettera ai Corinizi e il Vangelo (Gv 17) traccia la storia di due sequele. Quella di San Paolo e di San Giovanni. «È difficile rispondere al Signore, oggi? – si chiede durante l’omelia – Inutile negarlo, ma l’importante è convincersi che lo è stato sempre, non oggi più che mai. Il cardinale richiama l’episodio della chiamata dei dodici e ha sottolineato l’importanza dello stare con il Signore, dell’essere da lui inviati e custoditi. Paolo e Giovanni sono esempi sempre attuali, ma perché fosse chiaro che il Signore continua a chiamare anche oggi due testimonianze in forma di preghiera davanti a Gesù Eucaristia hanno scandito la seconda parte della veglia.

Un ordinando sacerdote, don Stefano Cascio, 29 anni, del Seminario Romano Maggiore, ha testimoniato la bellezza di un mistero che si accinge a ricevere: ha spiegato la nascita della sua chiamata, le sue difficoltà e quelle di una famiglia in cammino con lui e quanto sono state importanti l’adorazione eucaristica nella Chiesa di Sant’Agnese in Agone a piazza Navona e l’esperienza delle Giornate mondiali della gioventù per la maturazione della sua vocazione al sacerdozio. Don Stefano ha dato anche voce ai 28 diaconi ordinandi sacerdoti per la diocesi di Roma che il prossimo 27 aprile riceveranno l’imposizione delle mani da parte di Benedetto XVI in San Pietro e ha ripetuto «Duc in altum», una frase che è stata decisiva per il suo ingresso in seminario.

Dopo di lui sempre in un clima raccolto di preghiera una postulante presso la congregazione Missionaria delle figlie di Gesù Crocifisso, Sabrina Fusco, 28 anni, dona a tutti i presenti la testimonianza di una sequela fresca e profondamente umana. Studia ancora Scienze Umanistiche – Arte e Scienze dello Spettacolo; condivide con Papa Wojtyla la passione per lo spettacolo, e non solo. Racconta a tutti quanto è stata determinante per lei la presenza del precedente Papa e delle Gmg, in particolare quella del 2000 a Tor Vergata dove è rimasta fortemente colpita da una frase pronunciata da Giovanni Paolo II e parafrasata da Santa Caterina da Siena: «Se sei quello che devi essere metterai fuoco al mondo!» Colpisce fortemente il fatto che il dono della vocazione è un qualcosa che arriva il più delle volte per “contagio”. Determinante infatti è stato ascoltare per lei nel 2005 una testimonianza di una suora con cui oggi condivide il cammino nella congregazione.

Chissà anche a quanti giovani la sera del 12 aprile sarà passata per la testa sentendo la voce di questi due giovani anche solo per qualche secondo la domanda: E se il Signore volesse anche me?

La serata di preghiera, al termine della liturgia in basilica, è proseguita con il pellegrinaggio al santuario del Divino Amore per mettere sotto la protezione di Maria chi si sta così generosamente consacrando a suo Figlio con il suo «sì» generoso, testimoniato ogni giorno, «perché il mondo creda».

15 aprile 2008

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