«La Terra» di Rubini: un amaro scenario
La pellicola del regista pugliese che “racconta” la sua regione attraverso soprusi, corruzione, vendette di Massimo Giraldi
L’ottava prova come regista di Sergio Rubini (foto) si intitola «La terra», e ancora una volta fa riferimento alla Puglia, sua regione di origine. «Per me la Puglia – dice Rubini – rappresenta un luogo della memoria, non tanto un posto geografico; conoscendola bene, riesco a raccontare meglio i personaggi». Uno di questi, Luigi, professore a Milano, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, torna al paese natale dove si deve concludere la vendita di una grande masseria. Occorre la sua firma insieme a quella degli altri due fratelli, Michele e Mario, e del fratellastro Aldo, che sul terreno vive e lavora. Questa vendita, però, risulta in effetti tutt’altro che scontata. Luigi, da tempo estraneo ai fatti locali, si ritrova coinvolto in situazioni che appaiono sempre più tese e dalle quali non riesce ad uscire. Il quadro esistenziale che Rubini disegna è fatto di soprusi, corruzione, vendette. Non è certo un bell’omaggio quello che Rubini fa alla sua terra, dove gli usurai dominano, dove si ammazza durante la processione della settimana santa e il colpevole quello che si dedica al servizio agli handicappati. Realismo? Forse c’è anche quello. Ma forse non è tutto così.
26 febbraio 2006