La scuola primaria, educazione a tutto tondo

di Filippo Morlacchi

Ed eccoci a parlare della scuola elementare. Anzi: della scuola primaria, perché così si chiama oggi la scuola dei fanciulli. Che, a detta degli esperti, non è solo la “prima” che si frequenta, ma è anche la “prima” in ordine di qualità. È infatti vero, purtroppo, che le indagini comparative europee sulla qualità del sistema scolastico italiano rilevano un livello decisamente basso rispetto agli standard europei, soprattutto per quanto riguarda le discipline scientifiche e matematiche (per una riflessione sulle cause della crisi della cultura scientifica in Italia suggerisco la lettura del recentissimo volume del matematico Giorgio Israel, “Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di mala scienza”, Ed. Lindau, Torino 2008). Nondimeno la scuola primaria in Italia dimostra una tenuta qualitativa decisamente migliore rispetto a quanto accade negli ordini scolastici seguenti, tanto che la scuola primaria italiana si colloca tra i primi posti in Europa, soprattutto per quanto riguarda la formazione linguistica. E infatti quando si parla di «emergenza educativa», normalmente si pensa non tanto alla primaria, quando piuttosto alla secondaria. Come spiegare questa sostanziale efficienza dei primi anni della formazione, e poi il drastico crollo degli anni successivi? Lasciando ai prossimi articoli un tentativo di risposta alla seconda parte della domanda, cerchiamo intanto di capire i motivi del funzionamento sostanzialmente soddisfacente della scuola primaria.

Un primo, significativo elemento è certamente la migliore collaborazione dell’équipe educativa. La primaria è infatti l’unico ordine di scuola in cui gli insegnanti sono tenuti per contratto a due ore settimanali di programmazione: due ore in cui tutti i soggetti coinvolti nell’educazione unitaria dei bambini sono chiamati a mettersi intorno a un tavolino per parlare dell’andamento della classe, delle situazioni dei singoli, dell’elaborazione di progetti comuni o interdisciplinari, della verifica dei risultati. Questo obbliga le maestre e/o i maestri a una reale condivisione sul percorso della classe e dei singoli, il che consente interventi tempestivi, mirati e collegiali in caso di situazioni problematiche, nonché la graduale elaborazione di uno “spirito di corpo” da parte dei soggetti coinvolti nel processo educativo.

Da questo clima emotivo di coinvolgimento allargato e di affetti condivisi per i bambini nasce la consapevolezza diffusa, da parte degli insegnanti, di un ruolo educativo a tutto tondo, non limitato cioè alla pura componente di istruzione o informazione, e l’attenzione personalizzata ai singoli bambini. Senza dubbio, davanti a fanciulli conosciuti in tenerissima età, quando ancora devono essere aiutati a vestirsi o a tenere una penna in mano, è più facile sentirsi coinvolti in questo impegno globale, piuttosto che di fronte ad adolescenti irrequieti o ribelli. Eppure è ormai un’evidenza indiscussa che, se non si istaura una relazione educativa affettivamente significativa, anche gli apprendimenti saranno modesti. Nella scuola primaria, grazie a Dio, la consapevolezza di essere educatori di soggetti personali nella loro complessità individuale e non semplici trasmettitori di conoscenze disciplinari anonime è ancora abbastanza generalizzata.

Qui si pone il problema del rapporto con le famiglie. L’efficacia dell’opera educativa sarà tanto maggiore quanto più il contesto intorno al fanciullo sarà convergente nel raggiungimento di finalità condivise. Là dove tra insegnanti e famiglie si attivano sintonie e consonanze – la famosa “rete educativa” di cui da tempo si parla, e nella quale anche le comunità ecclesiali devono sentirsi coinvolte a pieno titolo – i risultati sono di norma molto migliori che in situazioni di estraneità o, peggio di conflitto. Spesso, lamentano le maestre, il problema si pone quando la famiglia viene chiamata per segnalare un problema o una difficoltà nel bambino: frequentemente l’atteggiamento dei genitori è piuttosto difensivo e tende a negare o minimizzare l’esistenza di problematiche, mentre viene scaricata sulla scuola ogni responsabilità del germinale fallimento educativo. Sarebbe invece molto meglio, proprio per il bambino, che i genitori accettassero con fiducia le osservazioni degli insegnanti. Certo, anche loro possono sbagliare; ma se un’équipe educativa, dotata di competenze specifiche e favorita da un maggior distacco emotivo dinanzi alla situazione rispetto ai genitori, vede una difficoltà o un problema, sarebbe saggio prestare ascolto. Questo favorirebbe un clima di “convergenza educativa avvolgente”, capace di ottenere risultati certamente migliori di una spesso immotivata e sciocca contrapposizione tra scuola e famiglia.

Altra grande questione educativa nella scuola primaria è quella relativa al ruolo della disciplina e delle eventuali sanzioni. Anche in questo campo, dopo aver censurato, come ovvio, ogni eccesso nella punizione ed ogni intervento intemperante o esagerato in classe, sarebbe bene ricordare che il bambino ha bisogno di figure adulte solide, capaci di imporgli limiti. Sono i famosi “no che fanno crescere”, e che possono e devono essere detti anche a scuola.

Per quanto riguarda infine l’Irc, un punto di forza della scuola primaria è la piena integrazione della religione cattolica rispetto alle altre discipline (anche se ciclicamente si riapre il problema delle scuole che impongono una scheda di valutazione a parte, come se la religione non fosse una disciplina di pari dignità). Un problema aperto è invece quello della generalizzata mancanza di una attività alternativa all’Irc. I bambini che non si avvalgono della religione vengono spesso parcheggiati in un’altra aula, quando non in un corridoio, e perdono una preziosa opportunità educativa. Un motivo in più per invitare i genitori a scegliere con convinzione l’Irc per i propri figli, consapevoli del fatto che la spiccata sensibilità religiosa dei fanciulli è un fertile terreno per la costruzione di personalità armoniose ed equilibrate.

14 marzo 2008

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