La scuola dei problemi: possibili soluzioni

di Filippo Morlacchi

Come reagire a questo stato di cose? Evidentemente, se avessi davvero la giusta ricetta dovrei essere accusato di reticenza, dato che, nonostante la difficile situazione sotto gli occhi di tutti, non l’ho ancora resa nota. Tuttavia qualche idea ce l’ho. E le mie “prospettive terapeutiche” sono abbastanza chiare, almeno ai miei occhi.

Potenziare il dialogo con i preadolescenti. Anche se questa è l’età in cui più che mai si chiudono al mondo dei grandi, e il gruppo dei pari diventa incomparabilmente più importante, è anche l’età in cui il confronto con figure adulte di riferimento solide e affidabili si fa più necessario. Aggiungo – ma a mio giudizio la nota non è affatto marginale – che l’assenza generalizzata, tra gli insegnanti delle medie, di figure maschili robuste, in cui i maschietti possano identificarsi e proiettarsi, è un problema serio, pericolosamente trascurato, che produce effetti colpevolmente sottovalutati sullo sviluppo affettivo dei nostri confusi preadolescenti.

Offrire indicazioni chiare. Nella confusione generale, il preadolescente ha grande bisogno – anche se non lo ammetterà mai! – di regole di contenimento. Ogni ragazzino, magari inconsciamente, sa che, senza le regole del gioco, non potrebbe fare nemmeno una partita a pallone (anche se poi cercherà di fare il furbo e cercherà di barare, non visto). Ma anche il gioco della trasgressione fa parte dell’età. Se nessuno gli darà norme da infrangere, quelle che si darà da solo saranno ancora più avanzate, e la trasgressione di conseguenza più pericolosa.

Aprire nuovi orizzonti. Gli insegnanti dovrebbero proiettare davanti agli occhi dei preadolescenti paesaggi nuovi e più affascinanti di quelli che propongono loro le altre agenzie educative (e, purtroppo, le “agenzie diseducative”). Meglio stimolare il gusto dell’avventura che costringerli a fare il minimo indispensabile. Ma per fare così bisogna conoscere bene questi paesaggi, frequentarli non da straniero ed esserne innamorati. Ossia: occorre essere davvero competenti e amare profondamente la propria disciplina.

Curare la continuità. L’attuale riforma scolastica considera elementari e medie come una unità, cioè il “primo ciclo”. A motivo di contrazioni di studenti, non poche scuole ex-elementari ed ex-medie si sono unite per formare i cosiddetti Istituti Comprensivi. Eppure la continuità didattica, pur riconosciuta importante in teoria e resa possibile da condizioni di fatto favorevoli, non viene realmente realizzata. La cerniera tra la primaria e la secondaria è invece un passaggio critico e delicatissimo (come rivela parallelamente anche la situazione della catechesi) che dovrebbe esser trattato con la delicatezza e l’attenzione necessarie.

E per l’IRC e la religione in genere? Questa è una questione difficilissima e delicata. Le domande che, da bambini, proponevano con lo stupore dell’ingenuità («…e allora, Dio chi lo ha fatto?» e simili), i preadolescenti le ripetono adesso con il gusto provocante di prendere in castagna gli adulti («…ma io invece ho letto che non è così!…»). Ci vuole, anche qui, una preparazione accurata ed enciclopedica, ma soprattutto una straordinaria capacità di ascolto. Perché se non si capisce bene la domanda, non si saprà dare una buona risposta. E spesso le domande religiose di quest’età nascondono anche altre domande, che vanno ascoltate con il cuore. Non per evadere la questione, ma proprio per dare la risposta vera.

Certo questi brevi accenni non sono una vera e propria ricetta, ma solo… una serie di ingredienti! Senza gli ingredienti però non si può far nulla. E la scuola media ha davvero urgente bisogno di una presenza educativa robusta, motivata e significativa.

11 aprile 2008

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