«La prima battaglia: meno alunni per classe»

Intervista a Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp): «Non va bocciata la scuola tout court» di Graziella Melina

Non è vero che la scuola italiana stia messa male rispetto a quella degli altri Paesi europei. Il punto è che, quando si fanno statistiche internazionali, i dati vengono mescolati: nel campione di studenti si mettono insieme istituti tecnici, professionali, licei, del sud e del nord. Se invece i dati si scorporano viene fuori che «non è la scuola tout court» che va bocciata. Ad avere «problemi molto gravi» sono, semmai, «la scuola del sud e gli istituti tecnici e professionali». Secondo Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp), bisogna avere «il coraggio di distinguere, perché sennò non si riescono a fare investimenti mirati di risorse e soprattutto non si riesce a praticare una politica veramente incisiva e innovativa».

Professor Rusconi, partiamo dal problema del precariato. Quanto pesa secondo lei sulla qualità dell’insegnamento?
Il problema dei 250mila precari è un grave problema sociale prima ancora che della scuola: non credo che ci siano spazi per poter inserire a ruolo 250mila precari come è stato detto, o che semplicemente per il fatto di essere precari a 60 anni si abbia diritto a diventare di ruolo. Il problema è della qualità della persona. A me capita di avere il precario pieno di entusiasmo, e poi c’è il precario che semplicemente sta rivendicando i suoi presunti diritti. Ma questo succede anche per gli insegnanti di ruolo. Quindi, di per sé, non è un elemento positivo o negativo essere precari, dipende molto dalle persone, dalla carica umana che si ha e in molti casi è naturalmente funzionale all’età delle persone.

Per quanto riguarda invece il rapporto non sempre facile tra genitori e insegnanti. Come se lo spiega?
È un rapporto squilibrato da entrambi i lati. Trovo genitori “quasi perfetti”, ma anche molti genitori iperperdonisti, ipergiustificazionisti. C’è insomma una buona percentuale di genitori che qualsiasi cosa succeda è colpa dell’insegnante. Queste sono persone che stanno contribuendo a rovinare l’avvenire dei figli. Poi però c’è l’altro versante: ci sono insegnanti che, per esempio, non sono preparati ad affrontare studenti dal punto di vista anche psicologico.

Come è possibile?
I sindacati, incredibilmente da 15 anni, hanno eliminato l’obbligo dell’aggiornamento degli insegnanti, che così non sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento non solo psicologico ma anche didattico, e quindi possono rimanere spesso in un limbo poco produttivo dal punto di vista della formazione dello studente. Poi c’è l’insegnante molto bravo, che si aggiorna, si paga i corsi, nonostante non gli vengano riconosciuti dallo Stato.

E quanto al sistema di valutazione degli insegnanti, cosa ne pensa?
In Parlamento da anni ci sono proposte di legge per la valutazione degli insegnanti: tutti i partiti di governo di opposizione a seconda del periodo, tutti i sindacati, con solenni giuramenti si dichiarano favorevoli. Ma stiamo assistendo a questo balletto da almeno 25 anni. È una cosa indecorosa, proprio perché siamo il fanalino di coda per la valutazione dei docenti e dei presidi in Europa.

Anche l’Associazione italiana genitori è favorevole. E auspica pure una maggiore partecipazione dei genitori nella scuola.
Sono d’accordo, purché il genitore non pensi che rafforzare la presenza della componente dei genitori voglia dire interferire per esempio con l’attività didattica. Il genitore non deve entrare nel corpo professionale docente, ma deve entrare maggiormente nella vita della scuola. Come in Svizzera, ma soprattutto nei Paesi anglosassoni, dove la componente dei genitori, insieme ad alcuni docenti e al preside, costituiscono una sorta di consiglio di amministrazione e hanno il dovere anche di scegliere gli insegnanti. In Italia, quello che viene sempre respinto dai sindacati è proprio il fatto che l’insegnante possa essere scelto.

Riforme della scuola a parte, bisogna ammettere che non è certo facile oggi per un insegnante riuscire a gestire una classe con elementi “problematici”…
La prima battaglia di civiltà è quella di avere meno alunni in una classe. In una prima superiore dovremmo avere al massimo 24, 25 alunni, invece adesso arriviamo fino a 30. C’è stato un aumento dovuto non solo alle ultime norme. Anche con governi precedenti abbiamo avuto questo aumento degli alunni per classe. Poi bisogna avere insegnanti più preparati dal punto di vista psicopedagogico. Altra cosa, lo psicologo scolastico. Con la Grecia, siamo buon ultimi Paesi nel mondo europeo che non hanno un servizio di psicologia scolastica effettivo. Infine, dobbiamo ricostruire il rispetto delle regole. Solo così creiamo un cittadino rispettoso delle norme, delle istituzioni, della magistratura, dei carabinieri e delle forze dell’ordine.

28 settembre 2010

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