La musica è vita, Gianluca Sciortino si racconta

Il giovane, risvegliatosi dal coma ascoltando brani di Antonello Venditti, ospite di un incontro sullo stato vegetativo organizzato dalla parrocchia di San Raimondo Nonnato di Graziella Melina

Al Bambin Gesù notte bianca per la prevenzione e la ricerca da Redattore Sociale

«Il 12 gennaio del 1982 era una mattina come tutte le altre, avevo poco meno di 11 anni. Poi, improvvisa, un’emorragia cerebrale ed entrai in coma. I medici mi davano per spacciato. “Rimarrà come un vegetale, sarà afasico”, dicevano. E invece è successo un miracolo». Perché Gianluca Sciortino, oggi 27enne, dopo 41 giorni di coma, mentre ascolta una canzone di Antonello Venditti, inaspettatamente si sveglia. Alla parrocchia di San Raimondo Nonnato, alle Capannelle, giovedì sera (11 giugno), Gianluca – testimonial della manifestazione di solidarietà, in occasione della festa patronale – racconta: «Quel risveglio dal coma mi ha fatto cambiare il senso della vita. Prima credevo che vivere in buono stato di salute, svegliarsi la mattina e vedere i raggi del sole, fosse una cosa scontata. Non lo è affatto». E subito, però, tiene a precisare: «Ma non è che quando ci si sveglia dal coma finisce la sofferenza: quando sono tornato nel mondo cosiddetto “reale” ho vissuto il travaglio, le difficoltà del recupero e della riabilitazione».

Oggi Gianluca Sciortino fa il cantautore. «Ho vissuto un’infanzia spensierata. Ma dopo il coma tante amicizie sono andate via via dileguandosi. E così ho cercato il sollievo attraverso l’ascolto della musica. Cercavo i brani del passato per ritrovare quelle emozioni almeno nel ricordo. La musica era la mia vera amica, riusciva ad alleviarmi le sofferenze, mi aiutava a rifugiarmi nel passato. Ma quella che era per me una “necessità”, oggi è diventata la mia attività, la mia passione». “Un giorno di dicembre” è il titolo dell’album di esordio al quale il giovane cantautore sta ora lavorando («Spero di arrivare al cuore di più gente possibile per sentirmi compreso e dare una motivazione a tutto quello che ho vissuto e ho fatto»).

Stesso titolo del suo secondo libro (edito da Luigi Pellegrini editore). «Gli anni successivi al coma – prosegue – cercavo di dividere la mia vita in due parti separate. Poi cominciai ad abbattere questo muro divisorio e ho scritto un altro libro, anche per sensibilizzare le strutture sanitarie e mediche. La diagnosi che hanno fatto su di me era: “coma di terzo grado, gravissimo”. Secondo i medici sarei rimasto come un vegetale. E invece stasera sono qua. Sono la prova che non stato è così». Seduto accanto a Gianluca, il suo amico Tony Esposito. «Da quasi 20 anni mi occupo di musicoterapia – racconta il musicista –. La musica è terapia. Tutti la usiamo per stare meglio, per la cura del corpo e della mente. La musica, infatti, agisce sulla parte inconscia. Ho visto centinaia di casi di risveglio, di inserimento di bambini autistici nella società grazie alla musicoterapia».

Ospite della serata di solidarietà, anche l’Associazione “Il Risveglio”, che da 12 anni dà sostegno alle persone in stato vegetativo e a quelle con esiti di gravi cerebrolesioni acquisite. «Ho abbracciato l’Associazione 6 anni fa, quando ho conosciuto personalmente questa realtà in un certo senso “surreale”», spiega il vicepresidente Claudio Taliento. Da quando cioè, sua moglie, a causa di un’emorragia cerebrale, è in stato vegetativo. «Che non vuole dire vegetale – precisa subito –. Mia moglie si alimenta sì attraverso un tubicino, ma mangia prodotti naturali omogeneizzati. Forse, la persona in stato vegetativo ve la immaginate attaccata a tubi, a monitor con respiratori. Assolutamente falso! La persona in stato vegetativo – ribadisce ancora – ha le funzioni autonome». E poi racconta: «Io vado a Messa con mia moglie, vado a fare la spesa insieme a lei. Andiamo pure al mare. L’amore che riesce a dare a me e a nostro figlio è immenso». Le persone in stato vegetativo, conclude, «manifestano anche disagio e sofferenza e hanno espressioni particolari che vanno interpretate. Basta solo impararle per stabilire una comunicazione con loro».

Dopo il caso di Eluana Englaro e le polemiche sul fine vita, la parrocchia di San Raimondo Nonnato ha voluto così fare informazione corretta attraverso il “linguaggio dell’esperienza”. «Purtroppo le uniche voci che si esprimono su questi temi – sottolinea il parroco don Michele di Matteo – sono state travianti e negative. Stasera, invece, abbiamo dato voce al silenzio».

15 giugno 2009

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