La Messa per il 150° dell’unità

Il presidente della Cei cardinale Bagnasco: «Solo uscendo dalla trappola dell’individualismo possibile ritrovare un bene più ampio e a misura umana». Le voci dei fedeli di Jacopo D’Andrea

Tanti tricolori hanno garrito sotto una fitta pioggia in piazza della Repubblica. Le gocce incessanti non hanno impedito, così, a una grande folla di assieparsi all’interno della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in occasione della Messa di ringraziamento per il 150° dell’unità nazionale presieduta dal presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Angelo Bagnasco.

Il porporato, alla presenza delle massime cariche dello Stato, commentando nella sua omelia proprio i valori fondanti dell’unità, ha detto: «Solo uscendo dalla trappola mortale di un individualismo che ha mostrato chiaramente le sue falle e i suoi inganni, sarà possibile ritrovare un bene più ampio e a misura umana, che tutti desideriamo». Tutto questo, perché «l’uomo non è una monade gettata nel caos: quindi – ha continuato il cardinale Bagnasco – bisogna prendersi cura degli altri ogni giorno».

E parole di solidarietà, di unione e di vicinanza verso il prossimo, in linea con i pensieri del presidente Cei, sono state espresse anche dai molti fedeli partecipanti alla liturgia. Stella, della Comunità di Sant’Egidio, un’ora prima che il presule parlasse, dice: «È una festa bella che ci ricorda qual è il senso di essere italiani oggi: cioè stare in un paese accogliente che deve fare da ponte per il sud del mondo, aperto». Facendo un po’ di passi nella calca che applaude e, in qualche caso, fischia esponenti del governo, si trovano Tiziana e Roberto anche loro della Comunità di Sant’Egidio. La prima dichiara di trovare «in questa festa un motivo di speranza per il futuro, visto l’individualismo che c’è oggi», mentre il secondo aggiunge: «Poi è anche una bella occasione di preghiera per rinsaldare l’unità».

Fuori dalla chiesa continuano ad arrivare fedeli mentre nella piazza s’intravedono autovetture con bandiere fuori dai finestrini, come durante i mondiali di calcio. Di nuovo dentro, nella navata destra, don Angelo Amati rimarca questa vivacità e afferma: «Sembra che l’Italia, a giudicare dalle strade, abbia ritrovato in questa occasione un certo entusiasmo e una certa convergenza anche se poi la nostra piaga è che non ci sentiamo uniti». Per Maurizio, del Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani), non ci sono dubbi a riguardo e sottolinea: «È bene che ci sia stata l’unificazione, ma è bene anche che venga replicata sempre, facendo memoria delle nostre radici cristiane». E dello stesso avviso è Giuseppe, della parrocchia di San Roberto Bellarmino, originario di Treviso che vive a Roma da cinquant’anni e ci tiene a precisare: «Peccato che se ne fanno poche di queste feste, a me emozionano. Sono momenti in cui dovrebbero partecipare tutti, anche quelle persone a cui l’unità non piace», conclude. D’accordo Anna Maria, dell’associazione laicale della Legione di Maria, che chiede al Paese un’unità che vada oltre quella culturale: «Chi non vuole l’unità – dice – sbaglia».

Pochi minuti a mezzogiorno. L’Eucaristia sta per iniziare. Mario Berti, del Movimento per un mondo migliore, commenta: «Oggi la forza che la religione può dare allo Stato è fondamentale». Un discorso d’approfondire ma la celebrazione ha inizio. Al termine, Maria Grazia, dell’Azione cattolica, lascia il suo pensiero: «Penso che sia stata una testimonianza di speranza: al di là di tutto quello che ci circonda noi giovani abbiamo ancora voglia di spenderci per i valori della democrazia». Fuori continua il diluvio e il cielo è plumbeo. Le bandiere, pur zuppe, ancora sventolano con vigore.

18 marzo 2011

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