«La Chiesa a difesa dell’uomo»
Il cardinale vicario Camillo Ruini all’Università Salesiana su centralità della persona e biotecnologie di Angelo Zema
«Il nichilismo non costituisce il nostro destino epocale non superabile positivamente» e «sulla base della serena certezza che l’uomo, creato a immagine di Dio, trascende l’universo fisico del quale pur profondamente fa parte, siamo chiamati a prendere sul serio quella nuova comprensione ed anche quelle possibilità di cambiamento dell’uomo che la razionalità scientifico-tecnologica sta portando avanti». Lo ha detto il cardinale Ruini aprendo nella mattina di martedì 16 ottobre il nuovo anno accademico della pontificia Università Salesiana con una prolusione sul tema “Università, cultura ed educazione” (servizio su Roma Sette di domenica prossima). Una panoramica ampia e articolata, partita dall’analisi delle motivazioni profonde di quella “emergenza educativa” di cui Benedetto XVI aveva parlato al Convegno diocesano del giugno scorso.
È bene tener presente – ha affermato il cardinale vicario – il discorso sull’uomo proposto dalla Rivelazione e su cui lavorano il Magistero della Chiesa e la teologia perché «ci dona quella verità “nostrae salutis causa” che riguarda e coglie certamente la realtà dell’uomo stesso e indica la direzione del cammino che l’umanità deve percorrere per raggiungere la sua salvezza integrale, storica ed escatologica, ma non ci rende autosufficienti e disattenti rispetto a tutto ciò che l’uomo apprende ed opera riguardo a se stesso nel divenire della storia: in particolare non ci induce a una sottovalutazione falsamente umanistica dei risultati delle scienze empiriche». Al contrario, ha detto il cardinale Ruini, «ci stimola a partecipare con convinzione ed attivamente a questa grande opera collettiva, come ha insegnato in pagine ricche di passione il Concilio Vaticano II».
Il cardinale ha sottolineato che «è incominciata, con l’applicazione all’uomo delle biotecnologie e con tutti gli altri sviluppi tecnologici connessi, una fase nuova della nostra esistenza nel mondo, della quale siamo solo agli inizi e che appare destinata ad accelerarsi e a produrre effetti estremamente rilevanti e potenzialmente pervasivi di ogni dimensione della nostra umanità, effetti che oggi è ben difficile, per non dire impossibile, prevedere nei loro concreti esiti e sviluppi. È ugualmente vero che questa nuova fase non appare arrestabile: di più, essa, per quanto impegnativa e carica di rischi, va sinceramente favorita e promossa, perché rappresenta uno sviluppo di quelle potenzialità che sono intrinseche all’uomo, creato a immagine di Dio. Occorre però liberarsi – ha ribadito – da una visione deterministica degli sviluppi che ci attendono: in quanto opera dell’uomo, e non astrattamente delle tecnologie, essi possono e devono essere orientati in modo che vadano a favore, e non a detrimento, dell’uomo stesso».
Considerazioni che rimandano al senso della parola “uomo”, «al valore che attribuiamo al soggetto umano, in noi e nel nostro prossimo, al modo in cui viviamo e all’uso che facciamo della nostra libertà. Quella dell’uomo, infatti – ha puntualizzato il cardinale Ruini – non è mai una questione soltanto teoretica, ma sempre anche decisamente pratica, nella quale entra in gioco il tutto di noi stessi, con la nostra intera soggettività: ben diverso, ad esempio, è vivere come se l’uomo fosse soltanto una “sporgenza” della natura, o avesse invece una dignità inviolabile e un destino eterno. Nessuno pertanto può pretendere di conoscere davvero l’uomo per una via puramente “neutrale”, oggettiva e “scientifica”: gli sfuggirebbe quello che è proprio dell’uomo, il suo essere soggetto e non soltanto oggetto». Ne consegue che «per orientare a favore dell’uomo la nuova fase che si sta aprendo, è dunque molto importante quale immagine, quale ideale e quale esperienza vissuta dell’uomo portano con sé quanti lavorano direttamente nel campo delle biotecnologie e degli ambiti scientifici ad esse collegati, e alla fine è ancora più importante l’immagine e l’esperienza dell’uomo che prevale nello spazio complessivo della cultura e della società, a livello di una nazione, di una civiltà e ormai sempre più dell’intera umanità».
Occorre una visione che inserisca l’uomo all’interno della cultura, visione imperniata sulla centralità della persona. E, ha detto ancora il cardinale, «la difesa dell’uomo assume un rilievo concreto che cresce esponenzialmente adesso che diventa possibile la sua trasformazione attraverso le biotecnologie. Non dobbiamo temere, insistendo in questa difesa, di essere di nuovo in ritardo sui tempi. Non si tratta per la fede cristiana e per la Chiesa, di un’opzione provvisoria e rinunciabile».
16 ottobre 2007