“Inchiesta su Gesù”, contro la fede cristiana

La rivista La Civiltà Cattolica analizza e confuta le teorie contenute nel libro di Corrado Augias e Mauro Pesce di p. Giuseppe De Rosa

È stato pubblicato nel settembre scorso — e se n’è stampata una seconda edizione nell’ottobre — il volume “Inchiesta su Gesù”, nel quale il giornalista Corrado Augias e il professor Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Bologna, discutono — il primo ponendo domande e il secondo, dando risposte — su Gesù, «l’uomo che ha cambiato il mondo». Augias si professa «non cattolico» e non ritiene Gesù «figlio di Dio» (p. 239), ma è interessato a «conoscere meglio Gesù detto il Cristo, che ha così profondamente influenzato la storia del mondo»: cioè a conoscere Gesù qual è stato veramente, prima che «la liturgia, la dottrina, il mito trasformassero la sua memoria in un culto, il culto in una fede, la fede in una delle grandi religioni dell’umanità» (p. 3).

Il professor Pesce si è mantenuto sul piano della ricerca storica, esprimendo «convinzioni a cui è arrivato dopo una lunga ricerca che gli sembra onesta». Perciò — egli afferma — «nel dialogo condensato in questo libro ho sempre cercato di mantenermi sul piano storico, evitando di presentare le mie convinzioni personali sulla fede» (p. 236). Egli è «convinto che la ricerca storica rigorosa non allontani dalla fede, ma non spinga neppure verso di essa». In sostanza, il Gesù che la fede cristiana professa dev’essere distinto dal Gesù quale risulta dalla ricerca storica su di lui.

In sintesi il pensiero di Pesce è così riassunto da lui stesso: «Gesù era un ebreo che non voleva fondare una nuova religione. […”> Era convinto che il Dio delle Sacre Scritture ebraiche stesse cominciando a trasformare il mondo per instaurare finalmente il suo regno sulla terra. Era del tutto concentrato su Dio e pregava per capire la sua volontà e ottenere le sue rivelazioni, ma era anche del tutto concentrato sui bisogni degli uomini, in particolare i malati, i più poveri e coloro che erano trattati in modo ingiusto. Il suo messaggio era inscindibilmente mistico e sociale. II regno di Dio non venne e, anzi, egli fu messo a morte dai romani per motivi politici. I suoi discepoli, che provenivano da ambienti i più vari, ne diedero fin dagli inizi interpretazioni differenti. Si interrogarono sulla sua morte fornendo spiegazioni diverse e molti dì loro si convinsero che egli fosse risuscitato. Un certo numero dei suoi seguaci rimase dentro le comunità ebraiche, mentre altri diedero vita a una nuova religione percorsa da diverse correnti, il cristianesimo» (p. 237).

«Gesù è ebreo, non cristiano»
Così l’idea centrale del volume che stiamo esaminando è che Gesù non ha nulla a che vedere col cristianesimo, che egli non l’ha fondato né ha voluto fondarlo: idea che è espressa nella formula «Gesù è ebreo, non cristiano».

Il dialogo tra Augias e Pesce inizia con la domanda: «Che cosa possiamo conoscere di Gesù?». Risponde Pesce: «Una ricostruzione storica è possibile per Gesù come per qualunque altro personaggio del passato. Le fonti sono però particolari, e la ricerca si basa su testi lacunosi, contraddittori, manipolati» (p. 8). Tali fonti sono i Vangeli, canonici e non canonici. Tra questi Vangeli la Chiesa ne scelse quattro, rigettando gli altri come «apocrifi» e perciò condannandoli all’oblio. Le ragioni di questa scelta «sono complesse, incerte nelle motivazioni, hanno a che fare con il tumulto pratico e dottrinale che sempre accompagna la nascita e l’ascesa di un movimento, in particolare quando si proclama ispirato direttamente da Dio» (p. 10). Ad ogni modo «non sono chiare. Si può dire che siano stati esclusi quelli che contenevano un’immagine troppo giudaica di Gesù o che sembravano darne una visione gnostica o spiritualistica, come il “Vangelo di Tommaso”» (p. 21). In ogni caso, «il credente che frequenta una Chiesa […”> non ha come interesse primario conoscere storicamente Gesù» (p. 22). Né ha interesse storico la Chiesa, perché «la ricerca storica scava e mette in luce le diversità dei Vangeli, le varianti introdotte dopo la morte di Gesù, e questo non è facile da accettare per i fedeli» (p. 23). Del resto «i Vangeli, normalmente considerati fonti primarie per conoscere Gesù, sono in realtà una delle prime forme di cristianizzazione della sua figura».

Il testo completo nel file allegato (Copyright “La Civiltà Cattolica”)

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