In migliaia per l’ultimo saluto a Chiara

Celebrati a Santa Francesca Romana sabato 16 giugno i funerali della giovane mamma morta per salvare la vita del piccolo Francesco. Presente «per affetto» il cardinale Vallini: «Raccogliamone l’eredità» di Mariaelena Finessi

Se n’è andata tra i canti del marito Enrico, che ha accompagnato il rito funebre con la sua voce e la sua chitarra. Se ne è andata, Chiara. Di lei lascia traccia in un bambino di un anno, Francesco. «Non vi venga in mente di far venire i sensi di colpa a questo figlio dicendogli che la mamma è morta per lui». Padre Vito D’Amato, che di Chiara Corbella, 28 anni, è stato il confessore, si rivolge con queste parole alle migliaia di persone stipate il 16 giugno nella chiesa di Santa Francesca Romana all’Ardeatina per i funerali di questa ragazza stroncata dal cancro. «Chiara non è morta per Francesco. Chiara – insiste il frate – gli ha dato la vita». Non è un cavillo linguistico: questa “piccola donna” ha tanto desiderato il suo bambino che non ha voluto iniziare, proprio durante la gravidanza, la chemioterapia che – nelle speranze – avrebbe potuto aiutarla invece a sconfiggere la malattia. Ed è finita che è finita. Almeno qui, sulla terra. Perché Chiara, da cattolica, ne era convinta: la vita è altrove. Una storia, quella dei giovani sposi Corbella Petrillo in parte simile a quella di Gianna Beretta Molla – proclamata santa nel 2004 -, che scoprendo di essere affetta da un tumore sceglie di salvare la vita del bimbo che porta nel grembo a discapito della propria.

Alla santa di Magenta fa riferimento anche il cardinale vicario, Agostino Vallini, presente al rito funebre per ragioni d’affetto. Per il cardinale «quello di Chiara è un meraviglioso disegno divino che ci sfugge». «Io personalmente non so cosa Dio abbia preparato attraverso questa donna ma è sicuramente qualcosa che non possiamo perdere, perciò raccogliamone l’eredità – è la preghiera del cardinale, prima di benedire la salma – che ci ricorda di dare il giusto valore all’amore e alla carità racchiusi in ogni piccolo, o grande, gesto quotidiano».

Ad accendere il dibattito sui maggiori social network è che Chiara ed Enrico di prove difficili ne hanno avuto però tante ma – sorretti da una incrollabile fede – non hanno mai avuto dubbi da che parte stare. Conosciutisi a Medjugorje, nel 2008 i due ragazzi si sposano. Lei rimane incinta. Alla piccola Maria, però, viene diagnosticata una malformazione grave per cui appare priva dell’encefalo. Chiara ed Enrico decidono di far nascere ugualmente la loro bambina, che però muore a 30 minuti dal parto. Qualche mese dopo Chiara rimane ancora incinta di un maschietto, Davide, ma l’ecografia evidenzia delle malformazioni viscerali con assenza degli arti inferiori. I genitori non prendono in considerazione l’aborto, come invece viene loro suggerito, e il bimbo nasce ma muore poco dopo il parto. Due vicende che avrebbero gettato nello sconforto molte mamme e molti papà, se ne dice convinto anche padre Vito, che ha concelebrato il rito funebre insieme ad una trentina di altri sacerdoti. Chiara e Enrico tentano invece la terza gravidanza. Questa volta il bambino non ha problemi ma ad ammalarsi è la giovane mamma, alla quale viene diagnosticato un carcinoma alla lingua. Rimanda le cure a quando Francesco sarà nato. Chiara ha però ormai le metastasi ovunque e, dopo un anno difficile, muore.

«La morte di Chiara è stata il compimento di una preghiera», spiega fra’ Vito. Da quando le viene confermato di essere una malata terminale, la ragazza smette di chiedere il miracolo per sé ma chiede a Dio la serenità di accettare quanto stava per compiersi. «E noi abbiamo visto morire una donna felice». A questa fede Chiara è arrivata però piano piano, precisa il frate. «Noi non possiamo trarre gioia da un lutto, così come non possiamo trasformare l’acqua in vino, ma possiamo iniziare a riempire le giare. Chiara credeva in questo – conclude padre Vito – e ciò l’ha aiutata a vivere una buona vita e quindi una buona morte, passo dopo passo».

Enrico legge poi la lettera che Chiara ha scritto per il loro bambino, perché sappia cosa è stato volere lui, e i due fratellini prima: «Non eravate nostri, non eravate per noi perché è il possesso il contrario dell’amore (…). Qualunque cosa farai nella vita, non scoraggiarti figlio mio: se Dio toglie è per darti di più e tu sei speciale, hai una missione grande (…), fidati di Lui, ne vale la pena». A terra, accanto alla bara, migliaia di piantine che a conclusione del rito sono state offerte dalla famiglia a quanti hanno partecipato al funerale, a simboleggiare il dono della vita.

18 giugno 2012

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