In marcia contro l’antisemitismo

L’iniziativa di Comunità di Sant’Egidio e Comunità ebraica in ricordo della deportazione degli ebrei romani, il 16 ottobre del ’43. Il premier Monti: «Non vi lasceremo soli davanti a ogni negazionismo» di Nicolò Jannello

Ricordare il passato perché il futuro sia migliore. È il messaggio rivolto ieri, martedì 16 ottobre, agli oltre 4mila partecipanti alla tradizionale marcia della memoria (FOTO) promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità ebraica di Roma per non dimenticare il rastrellamento degli ebrei romani dal Ghetto all’alba del 16 ottobre del 1943. Un corteo silenzioso che ha rivissuto, in un ideale cammino a ritroso da piazza Santa Maria in Trastevere al Portico d’Ottavia, il tragitto che le truppe naziste costrinsero gli ebrei a percorrere fino ai treni con destinazione Auschwitz.

Un ricordo, quello della deportazione, che si veste di attualità perché intrecciato con un presente segnato «da una crisi economica che ha delle ricadute sulla società civile, aumentando le spinte xenofobe e i pregiudizi», ha affermato il presidente del Consiglio, Mario Monti, visitando la Sinagoga nel tardo pomeriggio di ieri. E la sua partecipazione al pellegrinaggio della memoria, insieme alla presentazione al Senato di una legge che introduca in Italia il reato di negazionismo e minimizzazione della Shoah, «fa di questa giornata una pagina storica per il nostro Paese», ha sottolineato Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma.

A fargli eco anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio che, nel ringraziare Monti per essersi unito alla marcia, ha ricordato che è «la prima volta che un presidente del Consiglio partecipa a un’iniziativa popolare di grande significato». E nelle sue parole c’è anche l’entusiasmo di vedere vicino, tra la gente, «i volti di tante persone di ogni generazione e provenienza». Un’immagine che ha colpito anche il capo del governo, il quale davanti alla folla ha detto che osservare «gli italiani di nascita insieme a quelli di adozione mi dà la certezza che sia possibile costruire un futuro diverso in cui nessuno sia più considerato estraneo o nemico».

A ricordare il senso della marcia è stato anche Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che «davanti a questi monumenti tragici della storia» ha esortato tutti a «combattere il male sia dentro di noi che intorno a noi». Un impegno, questo, portato avanti «dai testimoni della Shoah con parole che ci indicano la via», ha aggiunto Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, ricordando il 9 ottobre del 1982, quando fu ucciso il piccolo Stefano Gaj Taché nella Sinagoga, in seguito a un attentato per mano dei palestinesi. Ed è proprio a uno di quei testimoni, Settimia Spizzichino, che sarà intitolato il nuovo ponte all’Ostiense, come è stato annunciato a conclusione della marcia. Inoltre, mettendo in guardia dalla rinascita di sentimenti antisemiti e negazionisti, Gattegna ha ricordato che «essi sono lo specchio di una crisi di valori che richiede una risposta».

In tal senso è risuonato chiaro il monito di monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore centro, che ha precisato come “fare memoria” voglia dire «trasmettere la consapevolezza della forza del male e la scelta di preparare il futuro». Le parole che hanno concluso la serata, cui hanno partecipato anche il sindaco Gianni Alemanno e il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, sono quelle di Primo Levi, lette dal presidente del consiglio Monti: “Chi nega Auschwitz è pronto a rifarla”. Ecco perché, ha ricordato il premier alla comunità ebraica, «non vi lasceremo mai soli davanti a ogni forma di negazionismo».

17 ottobre 2012

Potrebbe piacerti anche