In cammino verso Santiago de Compostela

Un itinerario attraverso le radici della cristianità del nostro continente. Una meta per tutti, credenti e non di Giulia Rocchi

Zaino in spalla, scarpe comode, sorriso sulle labbra. Nonostante la fatica. Facile tracciare l’identikit del pellegrino che si mette in marcia lungo il Cammino di Santiago. O meglio, lungo uno degli otto percorsi che, dalla Francia e dal Portogallo attraverso la Spagna, conducono fedeli, e non, fino alla tomba dell’apostolo Giacomo. Non solo chi crede, infatti, decide di intraprendere il Cammino. «Santiago è una meta di pellegrinaggio che attira tutte le tipologie di persone – spiega padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi -: si parte per i motivi più disparati, non tutti sono spinti dalla fede». Qualunque siano le motivazioni, comunque, prosegue padre Cesare, il Cammino «si trasforma in un percorso di conversione e di umanizzazione». Lungo gli 800 chilometri circa dei vari cammini giacobei si procede talvolta da soli, talvolta in gruppo. «Con la fatica si sente la necessità dell’altro, di un sostegno – sottolinea il sacerdote -; i camminanti quando si incontrano si salutano sempre, formano una sorta di comunità». Quando si percorre un tratto di strada in compagnia si crea un legame; «nascono rapporti profondi, che di solito non si realizzano nelle nostre società». Si scopre il valore dell’altro e si riscopre qualcosa di sé. «Camminare è un’esperienza che può essere anche un po’ noiosa – aggiunge l’amministratore delegato dell’Orp -, fatta di lunghi momenti di silenzio e di solitudine. Permette quindi di stare con se stessi e aiuta a farci sentire più umili, quando ci rendiamo conto che non ce la facciamo ad andare avanti».

Ma il viaggio verso la cattedrale di Santiago è anche un itinerario lungo le radici della cristianità europea. «Aiuta la riscoperta dell’identità europea – afferma padre Cesare – perché il Cammino è parte della storia di questo Continente». Questo aspetto è stato sottolineato anche da Giovanni Paolo II, che fu pellegrino a Santiago due volte: nel 1982 e nel 1989 (anno in cui la città galiziana ospitò la Giornata mondiale della gioventù). I cammini giacobei, infatti, erano molto battuti durante il Medioevo. Un tempo i fedeli attraversavano la Galizia a piedi o a cavallo, per giorni e giorni, pur di pregare sul sepolcro del Santo. Oggi, invece, la maggior parte delle persone sceglie di percorrere a piedi soltanto gli ultimi 100 chilometri di uno dei vari cammini, oppure in bicicletta gli ultimi 200. Tanto basta per ottenere la “Compostela”, la certificazione rilasciata dalla “Officina del Peregrino” a Santiago. «Il modo più comodo – spiega Sonia Prosperi, operatrice pastorale dell’Opera romana pellegrinaggi – è arrivare in aereo fino a Santiago. Da lì varie associazioni mettono a disposizione dei pullman o delle macchine che portano i fedeli direttamente a 100 chilometri di distanza, per iniziare il cammino». Poi è facile proseguire. «Di solito si percorre una strada sterrata – dice Sonia – che passa attraverso campi e boschi, ma ogni 100, massimo 200 metri, si trovano i segnali che indicano l’itinerario». Difficile perdersi nella Galizia, dunque: basta seguire le frecce gialle che puntano dritto alla cattedrale dedicata a San Giacomo. Le frecce sono dipinte su campo blu, oppure sotto il simbolo della conchiglia. «Narra la leggenda – racconta ancora Sonia – che nel Medioevo un sacerdote doveva segnalare il cammino per i pellegrini, ma non aveva nulla con cui farlo. Così chiese a un uomo, incaricato di segnare le strade, di prestargli della vernice gialla. Da allora le indicazioni sono di questo colore».

Lungo il percorso, oltre ai segnali, ci sono case rurali, ostelli, punti di accoglienza. Qui i pellegrini possono riposarsi e passare la notte, spesso lasciando semplicemente un’offerta o, comunque, pagando prezzi contenuti. «Solitamente per percorrere gli ultimi 100 chilometri – spiega Daniele Isola, che tante volte ha accompagnato gruppi a Santiago per conto dell’Orp – ci vogliono cinque giorni, perché la media è di una ventina di chilometri al giorno». Non manca, comunque, chi decide di percorrere il Cammino per intero. È il caso di Alessandro che, passo dopo passo, ha calcato a piedi tutto il Cammino francese, dividendolo in due tappe. E quest’anno si appresta a ripetere l’impresa lungo il Cammino aragonese. «In realtà ho dovuto spezzare il Cammino in due periodi diversi – racconta – perché non avevo abbastanza ferie per farcela in un solo anno». Avvocato, 37 anni, Alessandro si mette in cammino nell’estate del 2005. «Ho percorso i primi 150 chilometri, a partire dalla Francia. Poi ho preso un pullman, un treno e ancora un pullman per arrivare fino al villaggio di Villafranca del Bierzo. Da lì ho proseguito fino a Santiago». Spiega: «La mia idea, inizialmente, era proprio quella di fare l’intero cammino in due anni. Ma poi non ero sicuro che, davvero, l’anno successivo avrei potuto proseguire». Non se l’è sentita, così, di rinunciare ad arrivare fino alla tomba dell’apostolo Giacomo. L’anno successivo, comunque, è riuscito a partire di nuovo. «Nel 2006 ho preso più comodamente l’aereo, poi ancora il treno e infine il pullman, che mi ha lasciato dove avevo interrotto il Cammino nel 2005».

15 luglio 2007

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