Il sindacato: più concertazione
Il segretario generale della Cisl Lazio Francesco Simeoni reclama un mix di iniziative che vengano dalle istituzioni e dai governi locali per migliorare la situazione occupazionale di Graziella Melina
Nel Lazio «ci sono 450mila precari, 605mila persone in cassa integrazione. Dall’inizio della crisi 75mila lavoratori sono stati licenziati o messi in mobilità. Quattro aziende al giorno chiudono i battenti per fallimento o altro». Le sciorina quasi tutte d’un fiato le cifre che sintetizzano il quadro attuale dell’economia regionale, il segretario generale della Cisl Lazio Francesco Simeoni. «Il tasso di disoccupazione del Lazio – prosegue – è intorno al 9,3%. La disoccupazione giovanile è al 33,9% mentre la media nazionale è intorno al 29%. È una situazione che sta diventando pesante», spiega con tono preoccupato, servono «misure straordinarie» che «vanno programmate e negoziate, insieme a tutte le parti sociali».
Segretario, il vice presidente di Unindustria Roma-Lazio Attilio Tranquilli sostiene che sarà difficile riassorbire i disoccupati delle piccole medie aziende, in quanto la loro formazione è molto specifica e non “generalista” come quella delle grandi imprese o delle multinazionali. Come si può intervenire?
Il Lazio è una regione particolare, molto condizionata dalla presenza della capitale di Italia, la città più importante del Paese per quanto riguarda il terziario. È chiaro che se manca un mix di iniziative che vengano dalle istituzioni e dai governi locali, finalizzato a creare le condizioni giuste per migliorare la situazione occupazionale, è difficile immaginare che ci possano essere dei miglioramenti.
Eppure i milioni stanziati dalla Regione per percorsi di formazione triennali e biennali sono 52, e 12 quelli per favorire l’assunzione dei precari e l’autoimprenditorilità giovanile. Lei pensa che non siano sufficienti?
Sono insufficienti perché sembrano il minimo indispensabile per garantire il funzionamento del settore. Ma il problema non è tanto quello di stabilire iniziative o provvedimenti a pioggia, calati sulla realtà regionale senza programmazione. In una situazione difficile come quella che stiamo attraversando, la programmazione va fatta insieme a tutte le forze interessate allo sviluppo del territorio, in modo tale che ci sia un modello di sviluppo individuato, che permetta di ammortizzare le difficoltà che vengono da questa carenza straordinaria di risorse…
Sta dicendo che la stessa Regione ha problemi di risorse?
Certo, ed è dimostrato dal fatto che con decorrenza dal 15 settembre la giunta regionale ha deciso di bloccare i pagamenti e gli impegni di spesa. Questa è una misura che dà la sensazione di totale sfiducia nei confronti del mercato verso gli imprenditori e verso tutto il sistema Lazio.
E allora da dove possono arrivare le misure straordinarie che auspicate?
Noi riteniamo che la giunta regionale abbia il dovere di sedersi intorno a un tavolo con le forze sociali e non di “scappare” pensando di poter risolvere tutto con decisioni che poi vengono semplicemente comunicate, invece di essere negoziate per trovare un punto di equilibrio.
Ma come si può superare il problema della carenza di fondi?
Intanto, bisognerebbe vedere quante risorse ci sono a disposizione, e da dove è possibile reperirne di nuove. Ci sono gli sprechi della politica, e poi c’è il sistema di società regionali che meriterebbe in qualche modo di essere razionalizzato: milioni di euro vengono spesi senza risultati soddisfacenti. Insomma, ci sono dei fondi che è possibile ottenere e che garantirebbero il reperimento di risorse. E poi c’è la possibilità di rimettere in moto il sistema delle infrastrutture: sono anni che noi chiediamo di concordare un piano di infrastrutture viarie e non che riguarda il Lazio. Questo significherebbe la rimessa in moto dei meccanismi che governano l’edilizia e altri settori dell’industria.
Quali saranno le vostre prossime mosse?
Stiamo pensando di individuare delle soluzioni insieme alle associazioni degli imprenditori e ad altre associazioni interessate. Vogliamo trovare punti da affrontare in via prioritaria e sottoporli al governo regionale o ai governi locali. È un’iniziativa che stiamo valutando. È chiaro che le scelte non dipenderanno da noi. Ma ci impegneremo comunque per indicare gli spazi che prioritariamente devono essere coperti. Lo faremo, lo ribadiremo, nella speranza di riuscire in qualche modo a condizionare le scelte dei governi locali.
7 ottobre 2011