Il saluto del cardinale Ruini e la presentazione del Convegno

Il “grazie” espresso dal presidente della Cei. L’intervento della dottoressa Ghirlanda. L’accoglienza alla Fiera di Agenzia Sir

«Un grandissimo grazie per il suo essere qui oggi con noi»: a nome dei convegnisti e delle Chiese in Italia, il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha dato il benvenuto a Benedetto XVI, giunto questa mattina alla Fiera di Verona per l’incontro con i partecipanti al IV Convegno ecclesiale nazionale. «A me preme sottolineare – ha detto il cardinale Ruini – il legame di comunione e di ammirazione, l’affetto profondo, la gratitudine del cuore, la convinta adesione al Suo insegnamento, che uniscono tutto il popolo di Dio che è in Italia». Il cardinale ha quindi aggiunto: «Sentiamo questo legame come un grande dono di Dio, come un cemento tenace che ci tiene uniti tra noi, come una guida sicura e illuminante per la nostra testimonianza apostolica. Perciò ascolteremo e accoglieremo le Sue parole con totale apertura di mente e di cuore e cercheremo di metterle a frutto nel cammino che la Chiesa italiana è chiamata a percorrere». Il presidente della Cei ha così concluso: «La nostra preghiera la accompagna in ogni momento. Sappiamo che Vostra Santità ci custodisce nel Suo cuore, conosce in profondità, ama e benedice questa nostra Italia. Ecco perché, Padre Santo, ancora una volta le diciamo grazie».

A Giovanna Ghirlanda, direttore medico dell’ospedale policlinico “G. Rossi” di Verona, il compito di presentare i lavori del Convegno. Ne ha parlato come di un momento di «verifica del cammino pastorale compiuto a partire dal Giubileo del 2000», un’occasione «di ripresa e di slancio verso gli impegni» che attendono i cattolici. Ricordando il «coinvolgimento ampio e capillare», nell’ultimo anno, delle Chiese locali, degli organismi nazionali, delle aggregazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana, Ghirlanda ha evidenziato «l’esigenza molto avvertita tra i cattolici italiani di interrogarsi sul tempo presente», segnato da «profonde trasformazioni culturali» e caratterizzato «dal rischio e dall’incertezza», nel quale «massificazione ed individualismo vanno di pari passo», mentre «la stessa domanda di senso è indebolita nel frastuono di non-risposte mondane, cercate con avidità e nel continuo bisogno di soddisfazione immediata». Tra le difficoltà del cristiano segnalate da Ghirlanda, quella «di andare controcorrente», ma al tempo stesso non mancano «pportunità che si offrono per aprire strade nuove alla speranza».

Ghirlanda ha, poi, presentato al Papa i lavori nei cinque ambiti della testimonianza. Per la vita affettiva è emersa la necessità di coltivare il dialogo e l’amicizia, l’esigenza di rinnovare «i percorsi per l’educazione all’amore e all’affettività» e «l’urgenza di sostenere la famiglia fondata sul matrimonio». Per il lavoro e la festa, «occorre recuperare l’autentica concezione del tempo cristiano» e riscoprire un’«etica sociale» per formare «coscienze adulte che si spendono per la dignità dell’uomo e per il bene comune». Nella fragilità, ha osservato Ghirlanda, «si svela il legame forte fra la virtù della speranza e la virtù della carità». Riguardo alla tradizione è «prioritaria la necessità della formazione», mostrando come «la salvezza cristiana» sia capace di rispondere «alle domande di senso e di verità che albergano nel cuore degli uomini». Per la cittadinanza è necessario «rafforzare l’identità di cittadini consapevoli della propria responsabilità e del proprio impegno nei confronti del bene comune». Ghirlanda ha rivolto anche un pensiero a monsignor Cataldo Naro, uno dei vice presidenti del Comitato preparatorio, morto improvvisamente il 29 settembre, e un ringraziamento e un augurio di ristabilirsi pienamente a monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Cei.
Alla Fiera di Verona il Papa era stato accolto, nel piazzale d’ingresso, oltre che dalle autorità civili e religiose, anche da un gruppo folcloristico che aveva richiamato la sua terra bavarese. Si tratta dei membri dell’associazione “I Trombini di San Bartolomeo delle Montagne”, caratterizzati da costumi di antica foggia bavarese-tirolese e dai fuciloni detti “trombini”, usati per sparare a salve nelle manifestazioni popolari. Il gruppo folcloristico conserva le tradizioni dei coloni di origine tedesca che giunsero sui monti veronesi e vicentini tra il 1100 e il 1200. Attorno al 1300 si costituirono i “Tredici Comuni della Montagna Alta del Carbon”, alcuni dei quali venivano detti “al Todesco”. Negli ultimi decenni sono state rivalutate le antiche tradizioni popolari legate agli “Sparatori della Fortezza” di Salisburgo e di altre località austriache e tedesche.

19 ottobre 2006

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