“Il primo incarico”, il Sud protagonista

L’esordio alla regia di Giorgia Cecere: uno spaccato dell’Italia degli anni Cinquanta, con una giovane che deve trasferirsi in un borgo rurale per il suo lavoro di maestra di Massimo Giraldi

Presentato alla scorsa edizione della Mostra di Venezia nella sezione Controcampo Italiano, esce in sala in questo fine settimana, quasi otto mesi dopo il passaggio al Lido, a conferma delle difficoltà nelle quali si muove il sistema distributivo nazionale. Si tratta del film “Il primo incarico”, diretto da Giorgia Cecere, qui all’esordio ma da tempo attiva nel cinema come sceneggiatrice.

Siamo nel 1953. La giovane Nena lascia famiglia e fidanzato: ha ricevuto la lettera con l’indicazione del paesino della Puglia dove assumerà il suo primo incarico di maestra di scuola. Ad accoglierla, nel piccolo borgo rurale e nell’unica, piccola classe, trova una realtà ostile, quasi arcaica, dove è difficile integrarsi. Nena supera momenti delicati, il fidanzato le fa sapere di avere un’altra donna, lei si concede ad un coetaneo della zona, i due devono sposarsi, e da quel momento molte cose cambiano.

«Da piccola – dice la regista – amavo i film dei cow-boy, quelli che alla fine partivano da soli verso mete ignote (…). Il fatto che la storia sia ambientata in un tempo lontano mi ha offerto l’occasione per una ricerca di valore visivo che sentivo necessaria: volevo ricreare un mondo che fosse bello e curioso da guardare, e raccontare l’avventura di questa giovane donna che con fatica e meraviglia scopre ciò che davvero vuole nella vita. Tutte noi siamo state almeno una volta Nena (…)».

Oggi è possibile definire un film ambientato nell’Italia di quasi sessanta anni fa come un film in costume. Si tratta dunque di essere attenti e puntuali nella scelta di luoghi, abiti, oggetti, modi di esprimersi. C’è molta qualità nel tono preciso e per niente didascalico con cui la regista ricostruisce questo spicchio di profonda provincia meridionale italiana, zona rurale, impregnata di asprezze della terra, di pochi punti di riferimento nell’agire di tutti i giorni. L’ambiente, quasi da subito, diventa un coprotagonista presente e forte, in grado giorno dopo giorno di spingere la maestra verso scelte importanti.

Nel succedersi di piccoli-grandi avvenimenti, il copione trasmette affetto e partecipazione, elementi diluiti nelle scansioni esistenziali di una quotidianità emotivamente contraddittoria. Il diagramma dei sentimenti di Nena è reso più vero da una regia che sceglie di sottrarre più che aggiungere, dedicandosi a un raccontare asciutto, immediato, diretto, senza dettagli inutili. Il momento storico difficile (ma quale non lo è ?), la voglia di reagire di Nena compongono un bel ritratto che fa pensare ad anni lontani sui quali si è costruito il futuro nel quale oggi viviamo.

9 maggio 2011

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