Il Natale dei sopravvissuti iracheni

Trentacinque persone scampate all’attentato del 31 ottobre scorso nella chiesa di Bagdad sono rifugiate in Italia. Festeggiano il Natale con la comunità dell’Istituto Don Orione di via Massimi di Chiara Comerci

Il 31 ottobre scorso, alle 18.30 nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, nel centro di Bagdad, si sta celebrando la Messa. Un commando armato irrompe nella chiesa: un attentato in cui – a seguito anche di un conflitto con la polizia – perdono la vita 61 persone e ne rimangono ferite altre 100. La Santa Sede, in collaborazione con il Patriarcato iracheno e con la Croce Rossa italiana, accoglie in Italia 35 persone scampate all’attentato per cure mediche e terapie riabilitative. Ma ci sono ferite che non guariscono così facilmente. E così il Natale celebrato assieme a padre Hani – un orionino iracheno – e alla comunità dell’Istituto Don Orione di via Massimi a Roma ha cercato di rischiarare la tristezza, la paura, il dolore di quanto vissuto.

«Non volevamo fare festa per Natale quest’anno», commenta uno degli iracheni. «Non abbiamo inviato auguri e addobbato la casa. Ma in questa giornata è venuta un po’ di gioia che ha messo in secondo piano le preoccupazioni». La giornata inizia, per il gruppo, alle 10 del mattino. Le donne si rimboccano subito le maniche e, nella cucina messa a loro disposizione, preparano i cibi tipici della loro tradizione. Fuori, nel cortile, alcuni giocano con la palla, altri preferiscono il biliardo e il calcetto. Il pranzo riporta nella testa e nel cuore affetti e sapori della propria casa lontana. Si gioca anche a tombola, si occupano il tempo e la mente per recuperare un po’ di serenità. La giornata insieme si conclude con la Santa Messa celebrata da padre Hani in lingua siriaca, nella festa della Santa Famiglia.

«Ho ricordato loro il valore del Natale e dell’amore familiare che aiuta ad affrontare ogni avversità e rende tutto più bello», dice padre Hani. «Ho parlato loro della Provvidenza di Dio che ci ama e ci conosce anche se noi non lo conosciamo. Lui sa che ci siamo. Non ho voluto ricordare la situazione e il trauma dal nostro popolo. Non occorreva. Ma durante la Messa alcuni piangevano. Penso di gioia e di nostalgia. Volevamo vivere una giornata bella, ci siamo aiutati e ci siamo riusciti». Padre Hani, che ha condiviso con queste persone della sua terra tutto il dolore del ricordo della strage in cui hanno perso la vita tanti innocenti, scrive una nota – riportata sul sito della Piccola Opera della Divina Provvidenza – che conclude così: «La nostra forza non è la violenza, non sono le bombe o fare il kamikaze per uccidere persone innocenti. La nostra forza è la preghiera, la fiducia nel Signore e nella Vergine Maria».

30 dicembre 2010

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