Il “Nabucco” per celebrare l’anniversario dell’Unità d’Italia

Dal 12 al 24 marzo, Riccardo Muti dirigerà all’Opera di Roma il celebre melodramma di Giuseppe Verdi. Protagonista, il grande baritono Leo Nucci di Francesco d’Alfonso

«Era un copione a caratteri grandi, come s’usava ancora […”> Gettai il manoscritto sul tavolo, fermandomici ritto in piedi davanti. Il fascicolo, cadendo sul tavolo stesso si è aperto: senza saper come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi, e mi si affaccia questo verso: Va’, pensiero, sull’ali dorate. Scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione, tanto più che erano una parafrasi della Bibbia nella cui lettura mi dilettavo sempre. Leggo un brano, ne leggo due: poi, fermo nel proposito di non scrivere faccio forza a me stesso, chiudo il fascicolo e me ne vado a letto!…Ma sì…Nabucco mi trottava pel capo!…Il sonno non veniva: mi alzo e leggo il libretto, non una volta, ma due, ma tre…» (Racconto autobiografico, dettato da Giuseppe Verdi a Giulio Ricordi, 1879).

La classica scintilla era scoccata. I versi di Temistocle Solera avevano acceso il cuore di Verdi, e il suo genio iniziava a produrre: il 9 marzo 1842, al Teatro alla Scala di Milano, andava in scena “Nabucco” , titolo abbreviato per “Nabucodonosor”, terza opera del Cigno di Busseto, che lo consacrò come uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi. L’entusiasmo del pubblico milanese, infiammato dagli ardori risorgimentali, era alle stelle, tanto che l’opera fu replicata settantacinque volte prima della fine dell’anno.

In effetti, versi come O mia patria sì bella e perduta erano, in quegli anni, evocativi più di una patria unita e libera dall’oppressore straniero, che dei deserti della Palestina. La patria unita. Non un concetto astratto, ma un’ “esigenza” che, grazie alla musica, veniva trasposta dal dramma dell’esilio del popolo ebreo in terra babilonese all’Italia del Risorgimento, fino ad allora composta da tanti piccoli stati; una Nazione pochi anni dopo. Giuseppe Verdi, con la sua opera solenne e grandiosa, diveniva quindi simbolo del Risorgimento e dell’Italia unita da una sola bandiera.

Centocinquanta anni dopo il traguardo, che costò la vita a tanti uomini – anche a chi scrisse quell’Inno che qualcuno vorrebbe fosse sostituito proprio dai versi di Solera musicati da Verdi – il Teatro dell’Opera di Roma celebra l’anniversario dell’Unità d’Italia con il “Nabucco” verdiano che, dopo la prima di sabato 12 marzo (ore 20.30) , sarà replicata il 17, in una serata dedicata alla Presidenza della Repubblica, fino al 24 marzo. Sul podio il maestro Riccardo Muti, che successivamente porterà la produzione romana in tournée al Teatro Marijinskij di San Pietroburgo.

Se lo studioso Massimo Mila scriveva del “Nabucco” come di una delle opere dove l’impiego del coro raggiunge «una tale evidenza di vita musicale, che ne viene quasi di conseguenza la lamentevole debolezza dei personaggi singoli», bisogna tuttavia sottolineare che Verdi diede particolare rilievo anche ai due protagonisti dell’opera, Nabucco (baritono) e Abigaille (soprano drammatico di agilità). Infatti, a vestire i panni del re sarà l’inossidabile Leo Nucci e quelli della presunta principessa babilonese sarà Elisabette Matos. Il resto del cast è composto da Antonio Poli (Ismaele), Dmitry Beloselskiy (Zaccaria), Anna Malavasi (Fenena).

La regia e le scene dello spettacolo portano la firma dell’eclettico artista Jean Paul Scarpitta, che ha ripensato la drammaturgia del “Nabucco” come una riflessione sulla Storia, traendone una profonda riflessione sull’attualità: «A questa serie di avvenimenti catastrofici segue, alla fine dello spettacolo, una nuova nascita… l’apparizione di una bella e giovane donna di oggi che culla tra le braccia un bambino, in mezzo a giovani uomini d’oggi, cuori puri appassionati di libertà… Essi interrompono, con un nota di speranza, la spirale eterna e tragica della morte programmata senza fine. […”> E se la Storia odierna non è più dominata dall’intolleranza, allora Babilonia non sarà caduta invano né Verdi avrà composto “Nabucco” invano!».
In questo senso la musica di Verdi, anche decontestualizzata dal periodo storico in cui è stata scritta, può permetterci di fare quel salto verso un reale futuro di progresso che –con uno sguardo al Cielo – possiamo fare «tutti insieme ad una voce». Proprio come Verdi indicava fosse intonato il Va’ pensiero.

4 marzo 2011

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