Il mistero della sessualità: dalla costruzione dell’identità sessuale ai miti della normalità
di Angelo Peluso
Il tema della sessualità ci porta inevitabilmente a valutare in quale misura l’attrazione fisica condizioni o meno la strutturazione di un rapporto nel tempo. L’attrazione fisica è sicuramente favorita dalla complicità che nasce nell’amore. Eppure non mancano coloro per i quali amore deve implicare efficienza sessuale quasi che si possa amare e essere degni d’amore solo se si è prestanti fisicamente.
Di certo i miti sulla normalità sessuale si ripercuotono sulle “idee affettive” di molti. Infatti uno dei fenomeni che non tramonta mai, sono i miti della presunta normalità che vengono appresi dalla inutili statistiche dei mass media o da stereotipi che non tardano a tramontare. A questo è ancora legata l’idea che l’identità personale debba coincidere – soprattutto per il sesso maschile – con una presunta ars amatoria eccellente.
Il piacere non è una sensazione data da un qualche apparato neurobiologico, ma è un vissuto che si costituisce come tale nella mente per il significato che un’elaborazione psichica conferisce a certe stimolazioni. Il piacere pertanto non è una sensazione, quanto piuttosto un’emozione.
I sentimenti affondano le loro radici nelle emozioni, ma coinvolgono quasi involontariamente la coscienza. Quando l’oggetto di un complesso di sentimenti prende il sopravvento e polarizza una parte cospicua dei nostri atteggiamenti disposizionali e proposizionali si parla di passione: le passioni sono alla base della nostra vita emotiva ma anche di quella cognitiva e rendono la vita coinvolgente.
Scriveva Reik: «Nell’esecuzione di questa sinfonia che chiamiamo vita, l’impulso sessuale è fra i primi violini, ma il solista è l’io. La voce del suo splendido strumento può essere a volte soffocata, ma resta udibile sino alla fine. E a volte tutti gli altri strumenti dell’orchestra tacciono. Il solista suona un assolo, pieno di desiderio struggente e di tenerezza: l’interludio dell’amore. Quando gli altri violini si uniscono a lui, essi portano l’orchestra con un poderoso unisono all’apice della beatitudine».
Con la comparsa della pubertà ormonale si raggiunge una nuova tappa nello sviluppo psicosessuale; tuttavia, molti studi hanno mostrato come bambini con pubertà precoce si innamorano sempre verso i 12 anni (quindi non in coincidenza del loro sviluppo biologico); così come adolescenti con un ritardo nello sviluppo si innamorano nonostante il loro totale infantilismo ormonale.
Si sospetta, perciò, che oltre al meccanismo neurormonale (o orologio biologico) il quale, nell’ipotalamo, dà il via alla pubertà attivando l’ipofisi, esista un altro meccanismo, il cui sito è ignoto, che attiverebbe la capacità di innamorarsi. L’innamoramento viene a somigliare all’imprinting: un meccanismo scatenante interno deve incontrarsi con uno stimolo esterno prima che l’evento abbia luogo.
Dai dati della nostra esperienza clinica emerge sempre più l’aumento delle patologie del desiderio a dispetto di una società sempre più emancipata, ma solo apparentemente. Si parla tanto di sesso dovunque, eppure chi lavora nel settore clinico specifico sa molto bene quanti dolori nascosti ci sono in tantissime coppie.
Da dove nasce il desiderio? Quando svanisce si può riaccendere? È possibile recuperarlo completamente o dobbiamo rassegnarci agli eventi al destino? Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, sosteneva che il desiderio si esprime attraverso la libido intesa come la forza con la quale si manifesta l’istinto sessuale. Il desiderio è ricondotto da Jung al concetto di “eros”, che è il fulcro della nostra sessualità, e che ha due facce: da una parte la sessualità dall’altra la spiritualità, la prima nel maschio e le seconda nella femmina.
Tutti, chi più chi meno, abbiamo esperienza del fatto che l’amore si nutre di novità, di mistero e di pericolo e ha come suoi nemici il tempo, la quotidianità e la familiarità. Nasce dall’idealizzazione della persona amata di cui ci innamoriamo per un incantesimo della fantasia, ma poi il tempo, che gioca a favore della realtà, produce il disincanto e tramuta l’amore in un affetto privo di passione o nell’amarezza della disillusione.
L’amore svanisce perché nulla nel tempo rimane uguale a se stesso, specialmente quando si ha a che fare con le persone che la vita costringe a un inarrestabile cambiamento. Ma non è il cambiamento a degradare l’amore, siamo piuttosto noi a fare di tutto per degradarlo.
22 gennaio 2010