Il Centro Elis contro la disoccupazione

Avviato il nuovo anno nella struttura gestita dall’Opus Dei, che in 50 anni ha formato 15mila persone. La novità: il prestito d’onore per gli studenti. Zamagni: per il Terzo settore, strumenti finanziari nuovi di Emanuela Micucci

Prendi un consorzio di grandi aziende inserite nella didattica dei corsi di formazione professionale, offri agli studenti istruzione e preparazione al lavoro di qualità insieme a un’educazione globale della persona. Risultato: il 93% di quei ragazzi lavorerà in azienda a sole 3 settimane dalla fine dei percorsi di studio. Ecco la formula Elis per sconfiggere la disoccupazione giovanile, che nel 2011 in Italia è salita al 27,9% secondo l’Osce, + 7% dall’inizio della crisi economica nel 2007, quando era al 20,3%. Un metodo formativo tanto efficace per trovare subito lavoro che l’associazione Centro Elis garantisce ai ragazzi un prestito d’onore per poter affrontare la spesa, seppure limitata, dei propri corsi, la maggior parte dei quali è gratuita.

Attivo sperimentalmente dal 2008 e intensificato nel 2010, il programma di prestito d’onore si è inaugurato ufficialmente ieri, domenica 20 novembre, durante l’apertura del nuovo anno formativo del Centro Elis, il 50esimo dalla fondazione della struttura voluta dal beato Giovanni XXIII a Casal Bruciato e affidata all’Opus Dei, per costituire a Roma un Centro internazionale per la gioventù lavoratrice, sviluppatosi negli anni in diverse iniziative rivolte soprattutto a ragazzi e ragazze, ma anche ad adulti in cerca di occupazione o desiderosi di migliorare se stessi e le proprie organizzazioni. L’obiettivo del fondo per il 2012 è di 500mila euro, per un ammontare massimo di 3.000 euro prestati a ciascun ragazzo meritevole in condizioni economiche disagiate che si impegna a restituirlo, con la frequenza e la proporzione desiderata, quando troverà lavoro (www.elis.org/prestito-onore).

«Le caratteristiche del prestito sono uniche in Italia – spiega Michele Crudele, il direttore -, perché non sono richieste garanzie né interessi agli studenti: conta solo l’onore. La sperimentazione di questi anni ne ha dimostrata l’affidabilità. Sono iniziate infatti le restituzioni puntuali dei prestiti». Dei 50 finora erogati, pari a 60.150 euro, sono già stati restituiti 8.700 euro. Attualmente il fondo ammonta a 92.567 euro. «Chiediamo aiuti per incrementarlo: le donazioni sono deducibili fiscalmente. Il sogno è allargarlo per poter sostenere anche quanti vogliono aprire un’attività imprenditoriale o acquistare la prima casa». Aumentare gli studenti, infatti, significa aumentare il numero di futuri lavoratori, con la certezza di un collocamento in tempi brevi.

Nei suoi primi 50 anni di storia l’Elis ha formato oltre 15mila persone con un tasso d’occupazione vicino al 90%. Due le chiavi del successo del metodo Elis. Anzitutto, tutti i corsi sono progettati ed eventualmente modificati insieme alle 50 imprese del proprio consorzio Consel per individuare i reali fabbisogni delle aziende. «Inseriamo le imprese nel meccanismo didattico – sottolinea Crudele –, con l’alternanza scuola-lavoro, facendo in modo che diano borse di studio, attrezzature, docenti. Molti dirigenti dedicano 20-30 ore l’anno nei nostri corsi come docenti: una forma poco conosciuta di volontariato. Le aziende possono usufruire della nostra formazione per i propri dipendenti». Un sistema che ha anticipato quello degli Its, i primi 59 Istituti tecnici superiori biennali post diploma che il ministero dell’Istruzione sta sperimentando da questo autunno in 16 regioni, tra cui il Lazio con 7 istituti.

Secondo punto di forza della formula Elis: mettere insieme la dimensione professionalizzante e quella dell’educazione. «Un unicum – sottolinea l’economista Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, intervenendo all’apertura dell’anno formativo -. Molte scuole professionali falliscono perché difettano della seconda. Pochi mesi fa un’indagine europea chiedeva ai giovani tra i 18 e i 29 anni se sono disposti a svolgere un lavoro manuale in attesa di trovare lavoro: solo il 5% degli italiani si è detto disponibile, contro il 40% dei tedeschi e il 38% dei francesi. Nasce un problema: lo svilimento del concetto di lavoro in Italia. Oggi i giovani non trovano lavoro perché non sono capaci: gli manca quel sapere che solo l’educazione può trasmettere interagendo con il sapere tecnico, cioè le abilità relazionali che non si imparano sui libri e che le aziende richiedono». Lo Stato, secondo l’economista, deve dare vita a «strumenti finanziari nuovi» per garantire sostegno ad associazioni come il Centro Elis» e in generale al mondo del volontariato. Si tratta, per Zamagni, di una priorità da inserire nell’agenda del nuovo governo Monti, insieme con «la riforma del libro primo del Codice Civile, che non permette di applicare il principio di sussidiarietà al volontariato. In Italia non si riconosce la funzione del Terzo Settore neanche in ambito accademico – prosegue -. C’è un modo riduzionista da parte delle istituzioni di consideralo come una ruota di scorta. Invece, la missione propria del volontariato è diffondere il valore del dono. L’Agenzia per il Terzo settore si batte per una visione del volontariato coprotagonista con lo Stato e il mercato». Non farlo significa negare le proprie radici, perché «è l’Italia ad avere inventato il Terzo settore nel Duecento quando nacquero le confraternite, le congregazioni». Di fronte al federalismo, conclude Zamagni, il Terzo settore può avere un ruolo strategico: ridurre i costi di questa fase di transizione verso il nuovo sistema d’organizzazione sociale. Ma i decreti attuativi finora non l’hanno riconosciuto.

21 novembre 2011

Potrebbe piacerti anche