Il Centro di regolazione naturale della fertilità della Cattolica
Il direttore Adriano Bompiani e il ginecologo Lanzone ne illustrano stile e obiettivi. A iniziare dalla tutela dell’embrione di Elena Grazini
Dalla parte dell’embrione, sempre. Sono gli operatori del Centro per la regolazione naturale della fertilità umana dell’Università Cattolica, sorto nei primi anni ’70 e diretto dal professore Adriano Bompiani, che dal 2001 opera come struttura specializzata all’interno dell’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità per la procreazione responsabile (I.s.i.), la cui costituzione fu annunciata a Giovanni Paolo II durante la visita del 9 novembre del 2000 all’ateneo cattolico.
A sottolineare recentemente la funzione svolta dall’I.s.i è stato Benedetto XVI che, in occasione della cerimonia dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Sacro Cuore, lo ha definito per le sue finalità istituzionali «esempio eloquente di quella sintesi tra verità e amore che costituisce il centro vitale della cultura cattolica». Un impegno, quello dell’Istituto Paolo VI, volto alla ricerca scientifica e supportato da un’unità clinica che è sotto l’egida del Policlinico Gemelli, come spiega il professore Antonio Lanzone, direttore dell’unità operativa di ginecologia disfunzionale e docente di fisiopatologia della riproduzione umana alla Cattolica, che vi opera: «Premesso che a coordinare è il ginecologo, interagiamo anche con specialisti, ad esempio andrologi ed endocrinologi, ed effettuiamo, tra le altre, indagini ormonali e microbiologiche; siamo collegati inoltre a un percorso terapeutico basato sul metodo dell’induzione dell’ovulazione e tecniche simili e abbiamo la possibilità di ricoveri e di approfondimenti diagnostici».
Alle coppie che vengono qui per ricercare o distanziare una gravidanza viene specificato il nostro approccio etico, spiega Lanzone: «Siamo aperti a tutti, ma diciamo subito cosa possiamo o non possiamo offrire. Non sono rari i casi di coloro che approdano nel nostro centro dopo aver compiuto percorsi impersonali in strutture dove si effettua la Fivet, la fecondazione in vitro». D’altronde è innegabile che oggi l’infertilità costituisca un problema molto diffuso. «Tra le cause, che definirei socio-antropologiche, c’è sicuramente l’età della donna. Oggi mettere al mondo un figlio è diventata un’opzione nell’ambito della vita riproduttiva, da collocare in un certo momento – sostiene il ginecologo -. Questo fa sì che se le coppie non riescono a generare subito, spesso si autodefiniscano sterili senza esserlo. È intuitivo che una nevrosi del genere porti ad essere preda di facili discorsi pseudo-efficientisti da cui scaturisce il ricorso alle tecniche artificiali. Accanto a questi ci sono poi i fattori ambientali, come gli inquinanti, ad esempio quelli industriali che sono dannosissimi, senza tralasciare la nicotina, un tempo appannaggio del sesso maschile, ora di entrambi».
E non è un caso che l’I.s.i. si sia interessato sempre più fortemente al problema dell’infertilità umana, commenta il professor Bompiani, che lo dirige. «La grande diffusione in Italia dei metodi di procreazione artificiale ha sollevato problemi di tipo etico, operativo e tecnico, di tutela delle persone che li utilizzano e di tutela dell’embrione. Dall’inizio della nostra attività abbiamo prodotto parecchi elementi di carattere scientifico, abbiamo ripreso antiche osservazioni riguardanti la genesi del muco cervicale e ci dedichiamo sopratutto all’analisi della componente genetica e proteica di quelle sostanze che sono degli indicatori del periodo fertile. Con questi ausili sono stati risolti anche numerosi casi di sterilità inspiegabile».
Un invito quello a lavorare nel campo della procreazione umana che affonda le sue radici nel pontificato di Paolo VI. «Dell’enciclica Humanae Vitae ho sempre apprezzato l’invito che umilmente, ma nello stesso tempo nobilmente, Papa Montini ha rivolto a tutti gli scienziati – afferma Bompiani -. Naturalmente per coloro che sono cattolici il lavoro deve essere fatto secondo i parametri etici della Chiesa, ma dobbiamo però dire che alcune acquisizioni che sono venute dai metodi artificiali sono in qualche modo un patrimonio acquisito, ovviamente sul piano scientifico e non su quello applicativo, che deriva in parte anche da quell’indicazione».
Fu proprio dalla spinta ad approfondire i fenomeni connessi alla riproduzione umana che nacque il Centro di regolazione della fecondità della Cattolica dove sono insegnati e promossi i metodi naturali. «Da noi vengono adolescenti e giovani donne che vogliono conoscere meglio la propria corporeità o approfondire il tema della fertilità – commenta Bompiani -. Inoltre ci sono alcune coppie che non volendo inquinare il proprio organismo, essendo già tante le sostanze assorbite di norma, individuano in questi metodi un valore ecologico, mentre un’altra percentuale è costituita da coloro che riconoscono delle dimensioni spirituali nell’ambito della coppia, aldilà di quelle unitive, che vanno coltivate, le medesime cui il Papa ha fatto riferimento parlando della sintesi tra verità e amore».
13 dicembre 2005