I “diniegati” tra precarietà e scarse tutele

Il ritratto di chi, anche fuggendo da situazioni di conflitto e di violazione dei diritti umani, non riceve lo status di rifugiato politico, emerge da una recente ricerca di Cesv e Spes da Agenzia Sir

Sono giovani uomini al di sotto dei 35 anni, non sposati, arrivano in maggioranza via mare dall’Africa (Nigeria, Camerun, Guinea, Liberia, Sudan) e dall’Asia (Afghanistan e Kurdistan), fuggono da situazioni di conflitto o di violazione dei diritti umani nei loro Paesi. Nonostante ciò sono “diniegati”, ossia viene rifiutato loro lo status di rifugiati in Italia. Dopo il “no” riescono raramente a trovare un lavoro, un alloggio dignitoso e ad usufruire dei servizi sanitari come loro diritto. Ma hanno paura di tornare nei loro Paesi, dove si sentono ancora minacciati. In due anni – dal 21 aprile 2005 al 2 novembre 2007 – ben 10.020 richiedenti asilo su 27.295 domande presentate (il 39,4%) hanno ricevuto il diniego senza protezione umanitaria. Il ritratto dei “diniegati” emerge da una ricerca presentata oggi a Roma da Caritas diocesana, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, Federazione Chiese Evangeliche e Progetto Casa Verde, nell’ambito di una iniziativa dei Centri di Servizio per il Volontariato Cesv e Spes.

La ricerca è stata svolta su 100 “diniegati”. Riguardo alle cifre, emerge che solo l’8,7% (2.203) dei 27.295 ha avuto lo status di rifugiato, mentre il 45,8 (11.634) ha ricevuto il diniego ma con raccomandazione di protezione umanitaria. Tra il 1990 e il 2005 in Italia sono state presentate ben 154.059 domande per la richiesta dello status, di cui 126.674 effettivamente analizzate. (segue)

Al primo impatto in Italia incontrano le forze dell’ordine (56 diniegati su 99) e il Centro di trattenimento o di accoglienza (47 su 98). Ben 23 su 100 hanno dovuto dormire all’aperto. L’audizione alla Commissione che deve esaminare le richieste è avvenuta entro un mese per 24 su 98, ma in 34 casi il richiedente ha dovuto attendere più di 6 mesi o anche oltre un anno. La durata dell’intervista è stata inferiore ai 30 minuti per 67 casi su 100.

«La possibilità di raccontare la propria storia è rilevante – commentano i curatori della ricerca -, considerato che nel tempo a disposizione 21 richiedenti hanno dichiarato di essersi emozionati e non aver presentato in modo adeguato la propria storia». Su 32 casi, solo 23 diniegati sono stati assistiti da avvocati durante l’intervista e ben 44 non sapevano di avere il diritto di avvalersi di tale assistenza. Il 56% non ha presentato un’istanza di riesame. La maggioranza è ospite di amici ma molti (il 14%) vivono in stazione, in strada o in un parco. 30 diniegati accolti nei centri sono stati mandati via dopo la risposta negativa della Commissione. Riguardo al lavoro, ben 41 su 100 non lavorano e vivono con sussidi da organizzazioni del terzo settore. Gli altri si adattano a lavori in nero. Molti di loro non usufruiscono dell’assistenza sanitaria: 79 su 92 non hanno il tesserino per le cure mediche anche se non si possiede un permesso di soggiorno

18 giugno 2008

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