Hoffmann apre la stagione al “Cometa”

La stagione classica della Capitale prende il via con “L’uomo della sabbia”. Il regista De Bei: «Nell’uomo alberga ancora oggi la stessa inquietitudine del vivere» di Toni Colotta

Si aprono i sipari romani per la stagione classica, quella che ci accompagnerà fino alla primavera prossima. Ed è il Teatro della Cometa ad offrire tra i primi lo spettacolo di esordio: “L’uomo della sabbia”, che Luca De Bei ha tratto dal racconto celebre di E. T. A. Hoffmann, il più straordinario inventore di storie del romanticismo europeo, come lo giudicò Manganelli, «divino», come lo considerava Baudelaire, con un’espressione visionaria così potente da influenzare Poe, Dostoevskij, Stevenson. Narratore a tutto tondo e musicista (la A del nome è l’iniziale di Amadeus in venerazione di Mozart), Hoffmann, che fu contemporaneo di Goethe e Kleist, è stato trascritto per la scena piuttosto raramente, il che rende eccezionale questa trasposizione del De Bei, da lui stesso allestita sul palcoscenico di via del Teatro Marcello, con repliche fino a domenica 30.

“L’uomo della sabbia” è del 1816, quindi appartiene alla fase estrema del romanticismo, ma è solcato da inquietudini sconvolgenti che preludono a certe alienazioni del nostro tempo. Nathaniel, il protagonista, fin dall’infanzia è oppresso dall’immagine di Coppelius, considerato come un demone capace di accecare con la sabbia i bambini che la sera non vogliono dormire. Cresciuto, da queste visioni schiaccianti invano cerca di liberarsi. Ama perdutamente Olimpia trascurando familiari, amici e la fidanzata Clara. In essa scopre il mistero dell’«armonia» fra amanti e la fonte della sua arte di scrittore. Ma Olimpia è solo un automa, una bambola meccanica e le conseguenze per Nathaniel sono devastanti, lo gettano in un dedalo di allucinazioni letali. Freud fu profondamente colpito dalle atmosfere del racconto, tanto da definirlo «perturbante» nel suo saggio sull’arte, cioè in grado di turbare profondamente l’animo del lettore.

De Bei non trascrive minutamente per la scena la narrazione affascinante e avventurosa di Hoffmann. Ne fa invece la fonte di ispirazione per una propria riscrittura, fedele alla poetica originaria ma volta ad esaltare la cifra fantastica e la penetrazione nell’inconscio con atmosfere che riportano a un romanticismo inquietante, ed effetti teatrali sofisticati. «Per dimostrare – dice una nota di presentazione dello spettacolo – come nell’uomo di oggi alberghino gli stessi incubi, la stessa inquietudine del vivere, la stessa pericolosa immaginazione che si sviluppano e crescono nell’animo del protagonista». Attori sono Mauro Conte, Riccardo Francia, Fabio Maffei, Giselle Martino.

24 settembre 2012

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