Gemelli, i 30 anni del day hospital ostetrico

Erogate 45mila prestazioni anche a favore di donne immigrate, grazie al collegamento con consultori e Caritas diocesana. Presentata l’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici di Marta Rovagna

Prendersi cura della mamma e del bambino. È questa la missione del day hospital ostetrico del policlinico Agostino Gemelli, che festeggia i primi 30 anni di attività. E lo fa con il convegno “Difesa della vita nascente”, promosso sabato scorso (5 dicembre 2009) nell’ambito della Scuola di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università Cattolica di Roma. Durante la giornata è stata presentata l’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc).

Diversi gli ospiti convenuti per fare il punto sulla situazione della difesa della vita prima, durante e dopo il concepimento. Tra gli altri il vescovo Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la Vita, Alessandro Caruso, direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia del Policlinico Gemelli, Antonio Spagnolo, professore ordinario di Bioetica all’Università Cattolica di Roma, Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di genetica medica all’Università Cattolica di Roma, don Stefano Tardani, fondatore del Movimento dell’amore familiare. A presiedere la giornata è stato Giuseppe Noia, responsabile del Centro di diagnosi e terapia fetale del Policlinico Gemelli.

Nel corso dei primi 30 anni dell’attività del day hospital ostetrico del Gemelli sono state erogate circa 45mila prestazioni, di cui 38 mila invasive (cardiotocografia, flussimetria doppler, ecografia bidimensionale e tridimensionale) e 7mila invasive (amniocentesi, cordocentesi). Il 10% di questo tipo di servizi sono stati effettuati per pazienti immigrate, soprattutto dell’Europa dell’Est e del Sud America, grazie anche allo stretto collegamento con il Segretariato sociale di Roma e i numerosi consultori pubblici, con i centri di accoglienza per ragazze madri e con la Caritas diocesana.

«Nel novembre del 1979 il day hospital ostetrico del Gemelli – ha raccontato Noia – aveva solo un ecografo di seconda generazione che veniva utilizzato per varie forme di patologie materne e fetali». Oggi invece il day hospital è un centro di eccellenza nella diagnosi pre-natale e terapia fetale, ma soprattutto opera in un’ottica in cui i pazienti di cui prendersi cura sono sempre due: la mamma e il figlio, dallo stato embrionale a quello della nascita. Nel corso di 30 anni il polo ostetrico del Gemelli ha lavorato infatti con un solo obiettivo, quello, ha spiegato Neri, di «lavorare per garantire ai genitori il diritto di conoscere le condizioni del proprio figlio avvalendosi però – ha sottolineato – di una consulenza equilibrata che metta in risalto anche gli interessi del nascituro, perché l’esito della diagnosi prenatale è rassicurante nella massima parte dei casi». Operare in questo modo vuol dire «negare – ha concluso Neri – che esista un nesso inevitabile tra diagnosi prenatale e interruzione di gravidanza in caso di risultato patologico».

D’accordo anche Noia: «La diagnosi prenatale – ha affermato – non può certo essere intesa come mezzo di selezione dei soggetti ‘imperfetti’, ma è quella scienza che vede nel feto o nell’embrione la persona, il paziente, con la sua normalità o le sue anomalie». Anomalie semmai da curare ancora allo stato fetale. Infine occorre per Neri «supportare il principio di dignità e sacralità della vita umana, anche quando il feto con un handicap di varia entità, non può essere sottoposto a terapia».

Sulla dignità e la sacralità del feto, da difendere sempre, si è espresso anche Caruso: «Nostro dovere è confrontarci – ha detto – con le nostre convinzioni bioetiche usando la forza della ragione e della scienza». Fondamentale la formazione di medici ginecologi «che siano adeguati, che non comunichino ansia e che sappiano subito quali sono le procedure mediche da attivare per salvare la vita della madre e del nascituro».

Quanto all’Aigoc, intende inserirsi nell’attuale dibattito culturale, proponendo un linguaggio basato sui dati scientifici e sui fondamenti filosofici, giuridici e antropologici, per aprire spazi di riflessione sulla dignità della persona umana accettabili da credenti e non credenti. «Quello che aspetta l’Associazione – sottolinea Noia – è dunque, una grande sfida culturale nell’ambito dell’attuale emergenza educativa che ci proponiamo di affrontare non per agitare un vessillo di vittoria o di supremazia ideologica, ma per fare un servizio di chiarificazione del pensiero e di promozione del discernimento; non per alzare muri o steccati d’incomprensione, ma per costruire ponti di condivisione con la finalità di essere più consapevoli e più liberi e riappropriarci così del vero significato di umanità».

9 dicembre 2009

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