Fulvio Ervas: dopo i gialli, una storia vera
Il verdetto di un medico che ribalta il mondo. Padre e figlio impegnati per tre mesi in un viaggio coast to coast negli Stati Uniti d’America di Paolo Pegoraro
«Una storia vera»: che emozioni si accendono quando troviamo queste tre parole in un libro o film? Un’altalena tra scetticismo e desiderio di credere, un cocktail inebriante di critica feroce e sentimenti a piede libero. Le storie accadono, è un fatto. Le storie si inventano, è un altro fatto. Di cosa abbiamo più bisogno? Leggiamo per scoprirlo, ed è quasi un giallo.
“Se ti abbraccio non avere paura” ha alle spalle una storia grande. Quella di un padre, Franco, che scommette insieme al figlio adolescente Andrea, autistico. La scommessa è un viaggio che sbalordisce tutti: insieme, in moto, negli States, coast to coast. Un viaggio senza certezze – Andrea resisterà un giorno? tre? una settimana? – guidato da intuizioni, inviti, suggestioni, incidenti di percorso. E che improvvisamente vira verso il Messico, il Centro America, il Brasile. L’avventura durerà tre mesi.
Una storia talmente incredibile che in Fulvio Ervas, affermato giallista trevigiano, è scattata la necessità di raccontarla. Prestando la propria scrittura a Franco e Andrea. Una mano tesa, quella di Ervas, che è solo l’ultima di una lunga catena. Perché nella corsa da una città all’altra, la malattia di Andrea diventa un catalizzatore di solidarietà: chi li incontra passa dalla sorpresa alla comprensione, e poi all’aiuto.
Di aiuto c’è bisogno sempre, soprattutto quando tocca attraversare i confini delle proprie paure: un ragazzo autistico…non sarà sconsiderato farlo viaggiare? Metterlo al computer? Lasciarlo da solo? Farlo stare con una ragazza? Sì, farlo da soli sarebbe una follia. Ma la forza di questo racconto sono proprio i tanti volti che i due incontrano. Più che un libro di viaggio, è il diario della scoperta di continenti umani chiamati Jorge, Joana, Odisseu, Angelica. Persone che non hanno avuto paura di lasciarsi abbracciare da Andrea e dalla sua condizione.
Non sono mancate le polemiche sull’attendibilità della storia, nonostante Ervas scriva chiaramente che il romanzo «intreccia vicende ed emozioni autentiche con fantasia e arte narrativa» (dopo averlo letto, però, guardate le foto su www.andreaantonello.it). Non c’è alcun desiderio di impartire lezioni, tanto meno di sublimare il dolore in poesia. Anzi. Tutte le volte che qualcuno si lascia sfuggire un commento leggero, magari chiamando Andrea «angelo», papà Franco si rabbuia, rimbrotta: facili consolazioni da “turisti della malattia”, ma immergervisi ogni giorno, ogni istante…
E le ultime righe del romanzo – pur così energico e positivo – rievocano paure ultime e inconfessate, i pensieri più spaventosi. Più grande del viaggio oltreoceano di Andrea è quello interiore di papà Franco. Bisognava fare tutte quelle miglia, sì, bisognava inoltrarsi nel cuore della foresta, e lì incontrare una famiglia priva di tutto e afflitta dallo stesso dramma: eppure, indubitabilmente felice.
La felicità nonostante la sofferenza. «Impreco, ma lo amo». Accettare che meraviglia e terrore convivranno in noi sempre, e che sia giusto così. Che questo nostro stare sulla terra non sia solo biologia, che le macchine possano fotografare quant’è grande un’amigdala, ma restare mute davanti al giganteggiare della solidarietà. Che a conti fatti la vita possa essere, per quanto complicata, bella. Un magnifico scandalo.
La citazione:
«Tutti noi abbiamo elaborato, da millenni e millenni, complicati filtri per difenderci dal flusso degli eventi. Siamo pieni di calendari, orologi, convinzioni religiose, creme antirughe, auricolari contro il dolore altrui, biglietti per il paradiso e il purgatorio. Accettiamo i cambiamenti con moderazione e quelli di grande portata meglio che accadano una o due volte al secolo. Non a casa nostra. C’è più di qualche goccia di autismo in ognuno di noi».
Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non aver paura, Marcos y Marcos 2012, pp. 319, € 17
10 settembre 2012