Francesco Guccini, tra canzoni e altre storie

Il celebre cantautore – ma anche attore, scrittore e persino docente – si esibirà il 6 novembre al Palalottomatica, ma è già tutto esaurito di Concita De Simone

«Montanaro di pianura, nato a Modena, diffidente, avaro di sé, sobrio e bevitore, pigro e serissimo, ma chiacchierone instancabile». Così si definisce Francesco Guccini nel suo ultimo libro, stavolta autobiografico, “Non so che viso avesse. La storia della mia vita”, uscito nei primi mesi dell’anno. E lui, burbero ma schietto, con quella voce roca e la erre arrotata, sarà così anche al Palalottomatica di Roma sabato 6 novembre, in un concerto che è già tutto esaurito da fan di varie generazioni, con buona pace dei ritardatari.

Con lui si andrà “Nella giungla”, brano inedito del suo ultimo best “Storia di altre storie”, uscito per la Emi alla fine di settembre; e si riascolteranno i suoi maggiori successi, contenuti nei 22 album realizzati nei suoi oltre quaranta, lungi e intensi anni di attività. Guccini, il grande poeta popolare, infatti, nei suoi 70 anni, festeggiati lo scorso giugno, ha vissuto altre vite oltre quella del cantautore. Autore per altri, musicista, scrittore (di saggi, narrativa e persino redattore del “Dizionario del dialetto pavanese”), attore (lo ricordiamo, ad esempio, in “Radiofreccia” di Ligabue e negli ultimi film di Leonardo Pieraccioni), ha composto anche colonne sonore e fumetti, è stato cronista per la “Gazzetta di Modena” e persino docente (ha insegnato lingua italiana al Dickinson college, distaccamento bolognese dell’Università della Pennsylvania.).

Ma qualunque cosa faccia, rimane uno degli artisti più politicizzati – e per questo, spesso, strumentalizzati – della nostra storia. Colpa de “La Locomotiva”, del 1972, in cui l’“anarchico” (come lui stesso si definisce) Guccini affronta il tema dell’uguaglianza, della giustizia sociale e della libertà, bandiera dei giovani schierati in quella sinistra di contestazione che ha fatto la storia di quegli anni. Brano che ha poi incoraggiato anche altri cantautori contemporanei del primo Guccini a far passare messaggi politici e sociali attraverso le canzoni. Si pensi a De Andrè, De Gregori, Venditti, ecc.

Ma “politico” non è solo “partitico”. Politico è, certo, il suo modo di raccontare le cose, di narrare, che fa riflettere ma con ironia. Il maestro Guccini, uomo molto colto, per altro (appassionato di lessicografia, glottologia, etimologia e di traduzioni), non ha scritto solo invettive politiche, ma anche riflessioni sul senso della vita, sempre con uno stile di alto valore letterario e poetico, tanto da poter essere considerato un grande poeta popolare, che gli è valso anche il Premio Eugenio Montale, per la sezione “Versi in Musica”, nel 1990 e l’inserimento nei testi di letteratura nei licei.

Alle ultime tre generazioni ha raccontato le ingiustizie e le ipocrisie della società, la guerra, l’Olocausto, ma anche i desideri di uguaglianza, libertà, amicizia, piccoli ma grandi gesti quotidiani. Pensiamo a “Dio è morto”, “Auschwitz”, “La locomotiva”, “L’avvelenata”, “Eskimo”, “Amerigo”, “Via Paolo Fabbri 43”, “Il vecchio e il bambino”, “In morte di S.F.”, “Farewell”, “Autogrill”, “Canzone per Silvia”, “Cirano”. Brani che non manca di riproporre al suo pubblico al quale Guccini si offre sempre in maniera generosa e un po’ goliardica, con quel fiasco di vino a portata a mano, interagendo tra canzoni, aneddoti e pensieri. Minimalista solo nella scenografia, lontano dalle seduzioni degli show faraonici delle grandi star del pop, non c’è traccia di effetti scenici nei suoi spettacoli; l’unica cosa che conta è il rapporto che si stabilisce fra pubblico ed interprete.

L’artista sarà accompagnato sul palco dai fedeli: Ellade Bandini (batteria-percussioni), Juan Carlos “Flaco” Biondini (chitarre), Roberto Manuzzi (sax-armonica-fisarmonica-tastiere), Antonio Marangolo (sax-percussioni), Pierluigi Mingotti (basso), Vince Tempera (pianoforte-tastiere).

29 ottobre 2010

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