Francesca Romana, la stella polare della Capitale

La traslazione delle spoglie della santa. Una processione dal monastero delle oblate di Tor de’ Specchi alla basilica di Santa Maria Nova al Palatino di Emanuela Micucci

Come sei secoli fa l’angelo dei vicoli e dei rioni di Roma ripercorre le strade della sua città che la volle santa. Una lunga processione è salita ieri pomeriggio dal monastero di Tor de’ Specchi lungo le pendici del colle capitolino per l’omaggio della città e della diocesi alla santa copatrona Francesca Romana. Minuta nella piccola urna di vetro che ne custodisce le spoglie, quella donna semplice, senza istruzione, che ha speso la propria vita per i poveri e gli ammalati viene poi portata sul carro della Protezione civile lungo i Fori. Come accadeva per i trionfi degli imperatori romani. Torna nella basilica di Santa Maria Nova al Palatino che da lei ha preso il nome di Santa Francesca Romana. Una traslazione delle reliquie che chiude l’anno giubilare del quarto centenario della sua canonizzazione.

C’è la commozione di una famiglia nel chiostro del monastero dove la comunità delle oblate, fondata dalla santa nel 1425, e quella monastica olivetana sono riunite intorno all’urna di Francesca per la celebrazione dei vespri insieme con gli amici del monastero, i cavalieri del Santo Sepolcro, le confraternite e i fedeli. «Noi ringraziamo il Signore – spiega l’abate generale dei monaci benedettini olivetani – per averci donato Santa Francesca Romana, una donna che a distanza di secoli ci provoca all’amore, alla solidarietà e soprattutto all’amicizia con il Signore qualunque sia lo stato di vita in cui ci troviamo». Portata a spalla dai monaci, la teca lascia il chiostro e sale la Cordonata del Campidoglio con la scorta d’onore di 6 vigili urbani, mentre intorno la città si ferma e in silenzio onora il passaggio della sua santa.

Da sempre, infatti, il legame dei romani con Francesca è forte e inscindibile. Figlia di Roma, fu il popolo romano a presentare l’istanza di canonizzazione dopo circa 160 anni dalla morte e le autorità municipali del tempo la ratificarono sottoscrivendo la supplica a Papa Paolo V, che la proclamò santa nel 1608 aggiungendole il nome Romana. Mentre il coro diocesano intona l’inno a San Francesco, la processione arriva sulla piazza del Campidoglio. L’urna è deposta davanti la palazzo comunale per il momento più significativo della traslazione: il duplice omaggio alla santa delle autorità ecclesiastiche e civili nel cuore di Roma.

Ad accoglierla il cardinale vicario Agostino Vallini, il sindaco Gianni Alemanno e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. «Siamo su questa prestigiosa piazza – afferma Alemanno – per testimoniare il nostro affetto, la nostra devozione e riconoscenza nei confronti di questa santa che rappresenta per tutti noi cittadini romani la stella polare alla quale guardare con fiducia per ripensare e rilanciare il nostro essere comunità soprattutto nel sostegno a chi soffre e vive nella povertà». Sposa, madre, vedova, Francesca Romana pone in rilievo il genio della donna, continua il sindaco. Di quelle donne «semplici che esprimono il loro talento femminile al servizio degli altri nella normalità del quotidiano».

Il cardinale Vallini sottolinea l’attualità di Francesca che «imparò a riconoscere il volto di Gesù Cristo nel volto dei tanti poveri di Roma», facendosi loro compagna di strada. «Divenne l’angelo dei vicoli e dei rioni, la consolatrice dei malati e dei poveri – prosegue il porporato –. Saremo capaci come Francesca Romana di andarli a cercare con la luce e il calore dell’amore cristiano e umano?». Nell’affidare la città alla sua protezione, il cardinale Vallini chiede per Roma «giovani coraggiosi che si impegnino nella società per trasformarla», «sposi e famiglie aperte alla vita», persone «che si facciano prossimo nei confronti dei poveri», degli anziani, dei malati e delle persone sole, «buoni cristiani che costruiscano la Chiesa accogliente» e «laici che da cittadini si impegnino nella vita sociale e nella politica».

L’abbraccio della città e della diocesi alla patrona si fa più forte e caloroso lungo via dei Fori Imperiali, verso la basilica sul Palatino. «È una regina?», chiede una turista americana. «No, è la nostra santa», risponde una signora con accento veneto. Fa parte della parrocchia di Sant’Elena di Padova, legata da una forte devozione a Francesca Romana. «I nostri cittadini sono qui a portare il saluto e l’orgoglio di essere compatrioti di Roma attraverso la santa», dichiara il sindaco Emanuele Barbetta. «Ogni anno organizziamo festeggiamenti solenni», aggiunge il capogruppo, Massimo Ghiregato.

Deposto il corpo nella basilica e terminata la celebrazione, è il momento dell’omaggio personale e silenzioso dei fedeli. Quelli della parrocchia all’Ardeatino intitolata alla santa, l’Associazione Vedove Cattoliche Bergamasche Santa Francesca Romana. «Seguiamo lo stile di Francesca – afferma la presidente, Elvira Scarafaggi – nell’aiutare i poveri, gli anziani soli, le vedove». Tanta gente comune. Uno ad uno sfilano davanti all’urna. Nella mente risuonano le parole pronunciate poco prima dall’abate: «Veneriamo le reliquie dei santi perché nelle loro ossa celebriamo la misericordia di Dio».

19 ottobre 2009

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