Elezioni amministrative, dentro il cambiamento
Il sistema politico italiano è in una fase di movimento: c’è uno stock assai significativo di elettori svincolato dalle appartenenze che sta alla finestra e attende fatti: proposte ed idee, oltre che esempi di Francesco Bonini (Agenzia Sir)
I ballottaggi confermano ed amplificano le indicazioni del primo turno delle amministrative di primavera. Va a votare poco più della metà degli elettori, precisamente il 51,4%, ma la percentuale, pure assai bassa, è tenuta alta dai centri medio-piccoli, mentre nelle grandi città è in picchiata. Spicca, tra le moltissime conferme dei trend già annunciati, l’affermazione a Parma di Pizzarotti, che lascia il suo sfidante Pd al livello del primo turno, facendo il pieno di consensi trasversali. Insieme a lui sono tre gli altri esponenti del movimento di Beppe Grillo, Cinquestelle, ad essere eletti al ballottaggio, che invece non premia nessun leghista, vent’anni dopo le prime affermazioni del movimento in verde, grande sconfitto delle urne insieme al Pdl.
In realtà il voto nell’Italia settentrionale ed in Sicilia – da sempre i grandi laboratori che testano e sperimentano i cambiamenti – confermano che il sistema politico italiano è in una fase di movimento, che per il momento assume i caratteri della frammentazione e dell’imprevedibilità, anche tenuto conto del massiccio astensionismo. C’è ormai uno stock assai significativo di elettori svincolato dalle appartenenze che sta alla finestra e attende fatti, cioè proposte ed idee, oltre che esempi.
Diranno le poche settimane che ci separano dall’estate se le proposte tanto attese verranno, a partire dalla riforma costituzionale (con riduzione del numero dei parlamentari) ed elettorale. La parola va insomma ai partiti in Parlamento: «Vorremmo davvero che profittassero di questa stagione per produrre mutamenti strutturali, visibili e rapidi nel loro costume politico e nella stessa offerta politica». Sono le parole usate, ad urne ancora aperte, dal cardinale Bagnasco, nella prolusione all’Assemblea della Cei. Traducono con sintesi efficace le attese diffuse di «segni concreti, immediati ed efficaci». È ormai chiaro infatti che «non è più l’ora di ricambi di facciata o di mediocri tatticismi spacciati per visioni politiche». L’intelligenza dei cittadini elettori, pur «disincantati e stanchi» reclama risposte.
Tutto qui: le rendite di posizione, i reticoli clientelari, si sono per gran parte esauriti. La crisi morde e reclama una “rigenerazione”, cioè un ricambio vero e una più adeguata “offerta politica”. Questa deve poter parlare contemporaneamente alla testa ed alla pancia, ai sentimenti dell’elettorato, che non a caso in giro per l’Europa continua a premiare “piraten”, cioè facce nuove ed in sostanza affidabili, ma fuori dal sistema e senza impegno di durata. Siamo insomma dentro il cambiamento, in quella fase in cui tutto è magmatico ed all’apparenza contraddittorio. Ma sembra chiara la linea di sviluppo, verso una politica più modesta, consapevole dei suoi limiti, ma anche della sua funzione insostituibile, e dunque più efficace.
22 maggio 212