Educazione dell’infanzia: una priorità
“Progettare la vita”, convegno il 6 marzo, promosso dalla diocesi di Roma. Al centro pedagogia e trasmissione della fede. Tra gli interventi quello di Francesca Cocchini, storica del cristianesimo ed esperta della Catechesi del Buon Pastore di Federica Cifelli
Il bambino come unità di anima, mente e corpo. Come persona che vive la sua unitarietà a tutti i livelli. Si parlerà anche di lui sabato 6 marzo nell’Aula Magna della Pontificia Università Lateranense, nel convegno “Progettare la vita. La Chiesa di Roma incontra la città per un rinnovato impegno educativo” (il programma completo nel “Primo Piano”). E se ne parlerà con l’aiuto, tra gli altri, di Francesca Cocchini, docente di Storia del cristianesimo alla Sapienza e «allieva» di Sofia Cavalletti nella Catechesi del Buon Pastore, il metodo per l’educazione religiosa dei bambini dai 2 anni in poi che si basa su Bibbia, liturgia e principi pedagogici montessoriani.
«Si tratta di un’esperienza che dura da più di 55 anni – sottolinea -, iniziata a Roma da Sofia Cavalletti e Gianna Gobbi, collaboratrice di Maria Montessori». L’obiettivo: «Aiutare il bambino a incontrarsi con Dio, e nello stesso tempo farsi strumento per Dio, perché possa incontrare la sua creatura». La religiosità dei piccoli allora diventa un sostegno per quella degli adulti, a cui fa da complemento. Di questa esperienza di catechesi, diffusa ormai nei cinque continenti tra bambini di tutte le classi sociali, cattolici e non solo, si discuterà nel laboratorio di gruppo dedicato alla fascia d’età 0 – 5 anni che prenderà il via nel pomeriggio di sabato 6 marzo, dopo le relazioni della mattinata. Uno dei quattro gruppi di lavoro suddivisi per fasce d’età in cui si articolerà il pomeriggio del convegno. Punto di partenza nella relazione educativa con i piccoli in età prescolare, osserva Cocchini, è la necessità anzitutto di «osservarli, perché sono un altro mondo».
I bambini «vanno osservati per poterli capire e comprendere. Non possiamo dire noi chi sono ma dobbiamo dargli i mezzi per esprimersi». E nell’educazione religiosa questo passa anzitutto attraverso il rapporto diretto con la Parola. Anche i più piccoli infatti, secondo i principi della Catechesi del Buon Pastore, sono in grado di vivere «da partner» l’alleanza con Dio. E questa relazione diretta e personale «è fondante per il loro strutturarsi come persona – rileva ancora Cocchini -, consentendo loro una formazione fiduciosa, come abbiamo riscontrato in questi anni lavorando anche con bambini privi di ogni gratificazione affettiva». Come quelli di cui si occupano le Missionarie della Carità, che da qualche tempo hanno fatto proprio questo metodo: i più «piccoli, proprio in senso evangelico». Tutti, indistintamente, «nel rapporto con Dio trovano fiducia, sanno che c’è qualcuno che li conosce e li chiama per nome, come fa il Buon Pastore, appunto. Entrano in relazione con il Dio della vita, che offre risposte alle loro domande, ai loro bisogni. Ed esprimono grande gioia, insieme a una grandissima dignità».
Secondo i catechisti del Buon Pastore infatti il bambino è perfettamente in grado di «essere all’altezza di Dio» e del modo in cui si manifesta, ed è per questo che la sua esperienza di fede non deve essere mediata da quella dell’adulto, chiamato a farsi da parte per permettere che sia lui ad esprimere la sua risposta a Dio che parla. «In una parola, che sia lui a pregare». Fondamentale dunque il rapporto diretto con la Parola, a partire anzitutto dalle parabole, «specifiche dell’annuncio di Cristo – osserva la docente -, che per definizione non si spiegano ma ci si entra dentro un po’ alla volta».
E l’esperienza della Catechesi del Buon Pastore, che a Roma si svolge nelle parrocchie di Santa Lucia, Nostra Signora di Lourdes, Sant’Ugo e San Frumenzio, dimostra che i bambini sanno accogliere questo annuncio. Così come sanno vivere gli elementi della liturgia. Anzi, «più sono piccoli e più è facile presentare loro gli elementi più grandi della vita di fede, nella loro oggettività». E loro riescono a coglierne elementi che gli adulti hanno perso, o che non riconoscono più. Manifestando a volte scoperte «nuove» della dimensione religiosa: una ricchezza che è dono del Creatore, e che diventa dono per tutta la Chiesa. «Dio non ha bisogno di divertire per essere attraente». Neanche quando i suoi interlocutori hanno due anni, o poco più.
22 febbraio 2010