Don Attilio Nostro, lo stile dell’accoglienza

L’esperienza del sacerdote alla guida della comunità di San Giuda Taddeo Apostolo, all’Appio-Latino: l’impegno per i più piccoli, il teatro, gli aiuti per la Chiesa in Kenya e la Messa per gli animali di Mariaelena Finessi

Sostentamento clero, il Servizio del Sovvenire

È il momento dell’omelia domenicale nella chiesa di San Giuda Taddeo Apostolo, al quartiere Appio-Latino di Roma. Il sacerdote – nei suoi quasi due metri d’altezza – chiede ai bambini se i loro genitori siano servi o comandanti. «Sono i nostri comandanti», è la rassicurante replica dei piccoli prima che arrivi, con perfetta tempistica teatrale, la precisazione di un marmocchio: «Infatti ci comandano a bacchetta». Il ricordo di quella irrefrenabile risata accesasi tra i fedeli, ancora oggi disegna un sorriso sul volto di don Attilio Nostro: «La spontaneità dei bambini è uno dei motivi che spinge tantissime persone a venire a messa la domenica. Sono loro i protagonisti».

Per il Giubileo del 2000 la moderna chiesa di largo Tacchi Venturi è stata impreziosita da alcune opere commissionate dalla Diocesi all’artista Oliviero Rainaldi, lo stesso della dibattuta statua di Giovanni Paolo II nel piazzale della Stazione Termini. Sue sono le decorazioni del catino absidale raffiguranti alcuni passi del libro dell’Apocalisse, un altorilievo in gesso e ottone a ricreare l’Ultima Cena come pure un bassorilievo raffigurante Cristo Risorto e la statua della Madonna col Bambino, alta quasi tre metri. Accanto all’altare, un’altra statua raffigura l’apostolo Giuda Taddeo che tiene in mano un panno con impresso il volto di Gesù: «È la cosa più bella di questa parrocchia dopo il nostro “Oratorio dei piccoli”». Una struttura di 500 metri quadrati, quest’ultima, per la quale il parroco, 46enne di origine calabrese nonostante un inspiegabile accento umbro, ha lottato e lavorato molto.

«La disperazione dei genitori e dei nonni è la ragione per la quale esiste questo oratorio». Don Attilio spiega di aver fatto proprio lo sconforto dei parrocchiani, che non riuscivano a trovare un nido per i loro figli o nipotini. «All’epoca – siamo nel 2004 – per ben 450 bimbi dai 0 ai 3 anni non esisteva alcuna struttura dedicata». Caparbio, il sacerdote raccolse la sfida di realizzarne una nella propria parrocchia, ricavandola dal garage sottostante la chiesa. Oggi sono 50 i bimbi, tra i 12 e i 36 mesi, che frequentano l’Oratorio dei piccoli, un luogo di crescita e formazione «che ha tutti i crismi di sicurezza», precisa don Attilio mentre indossa, e fa indossare, copricalzature monouso – di quelli che si usano negli ospedali – prima di entrare in una delle aule destinate all’attività motoria dei piccini.

Intanto, mentre operai, ingegneri e muratori, girano tra le stanze – verdi copriscarpe ai piedi – a misurare e progettare altre migliorie per la struttura, don Attilio ricorda che tutto questo è possibile grazie ai genitori della parrocchia che hanno costituito la società cooperativa di auto-aiuto “Il Granello di senapa”. «In pratica sono gli stessi genitori, soci volontari – racconta la coordinatrice Alice – a gestire la struttura che si avvale di psicologi, fisioterapisti o comunque di personale diplomato alle scuole magistrali».

Don Attilio, alla guida della parrocchia dal 2001, in questi anni ha dato vita anche a tante altre iniziative. Innanzitutto c’è il saluto ai fedeli – uno per uno – sulla soglia della chiesa alla fine della Messa domenicale: «Un gesto che ho imparato in una Messa a Melbourne, in Australia. Accanto a me, quando c’è un battesimo, ci sono anche i genitori con il bimbo a ricevere gli auguri, stessa cosa in occasione di un matrimonio, con gli sposi che ricevono le congratulazioni dei parrocchiani. Insomma, è un modo per fare famiglia, conoscersi, imparare i nomi e personalizzare i rapporti».

Quindi un campo da calcetto, pallacanestro, pallavolo e un parco giochi in cui il sacerdote ha costruito personalmente – grazie all’aiuto di due nonni – delle panchine di ferro partendo da materiale di scarto: «Un ottimo lavoro, secondo il parere di un fabbro, e tutto a “chilometri zero”». C’è poi il Teatro Albertino, per tanti anni sede provvisoria della chiesa parrocchiale, che nella programmazione vanta spettacoli in grado di attirare i più. «Musical, soprattutto», spiega Carmela, che dell’attività di sala è la coordinatrice. «A Natale i nostri ragazzi si esibiranno con lo spettacolo “Sette spose per sette fratelli” mentre i ragazzini della parrocchia di Madre Teresa, ai quali prestiamo il teatro, calcheranno le scene in un musical sulla vita della piccola suora albanese». E poi ancora un oratorio estivo per 200 ragazzini e in cui tutto è a garanzia assoluta di sicurezza: «Nessuno si è mai fatto male», osserva il parroco.

Da segnalare la rituale Messa per gli animali nella domenica più vicina alla festa di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, celebrata nel vicino Parco della Caffarella, alla quale partecipano in tanti portando con sé, per farli benedire, cani, gatti, canarini, cavalli ma anche i peluche. E ancora, il “Centro Amicizia” per gli anziani e la promozione del mercatino di Natale a finanziare le missioni de “La Goccia” per la costruzione di scuole in Kenya. C’è infine un bagaglio morale e di simpatia, ben mixato con la severità: «Uso ora parole non mie ma sono convinto che non si debba trasformare un povero in un mendicante. La vera carità intelligente – è qui la cifra di don Attilio – sta nell’educare il povero ad emanciparsi».

18 dicembre 2012

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