Disagio mentale, l’allarme delle famiglie

Tra le richieste, l’apertura continuativa dei Centri di salute mentale. Il dibattito a 30 anni dalla legge Basaglia, che ha riformato del settore di Massimo Angeli

A 30 anni dalla legge Basaglia, che ha riformato l’assistenza psichiatrica in Italia e chiuso i manicomi, la malattia mentale rimane al centro del dibattito culturale e politico. A riaccendere la discussione, dopo recenti fatti di cronaca, l’idea lanciata da alcuni psichiatri e dalla Fondazione Liberal: creare un comitato per indire un referendum che rimetta mano alle leggi sulla psichiatria. «Nessuno nega i principi di civiltà introdotti dalla legge 180, ma è arrivato il tempo di una revisione – afferma Tonino Cantelmi, presidente dell’associazione psicologi e psichiatri cattolici -. È necessario rendere tempestivi i trattamenti sanitari obbligatori, colmare la distanza fra istituzioni e cittadini, non aspettare che siano i malati a farsi avanti. Se in 30 anni nessun Paese ha copiato l’Italia e chiuso completamente i manicomi, qualcosa vorrà pur dire».

«Questa legge ha un costo sociale enorme – interviene Francesco Bruno, noto criminologo e psichiatra -. Ogni anno in Italia ci sono centinaia di morti che potrebbero essere evitate a causa della chiusura delle strutture di ricovero specializzate. A differenza di 30 anni fa, oggi abbiamo i farmaci per curare queste problematiche. Quello che ci manca sono strutture dignitose e civili dove assistere in modo efficace i malati di mente».

Il mondo della salute mentale appare quindi invischiato in un duopolio perverso: da una parte il servizio pubblico, ridotto a svolgere attività ambulatoriali e a gestire le situazioni di crisi; dall’altra il privato, sia convenzionato che abusivo, a controllare l’attività della media e lunga degenza, senza che il tutto riesca ad offrire certezze e serenità ai familiari. «Da 30 anni continuiamo a dire che la legge 180 ha grosse lacune, in primo luogo perché non permette di curare il malato grave, che per la sua malattia non accetta le cure – dice Maria Luisa Zardini, presidente dell’Associazione per la riforma dell’assistenza psichiatrica -. Noi famiglie siamo distrutte, chiediamo risorse finanziarie certe, Centri di salute mentale aperti 24 ore su 24; strutture residenziali per intraprendere percorsi di emancipazione».

«La riforma della legge Basaglia è un falso problema – giudica invece Gisella Trincas, presidente dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale -. La legge 180 e il “Progetto obiettivo per la salute mentale” del 1999 davano indicazioni da attuare a livello regionale. Dove questo è stato fatto le cose funzionano bene, dove non si è stati capaci di attuare la legge le cose vanno male». «I servizi per la psichiatria sono una realtà a macchia di leopardo – concorda Daniela Pezzi, volontaria Caritas e presidente della Consulta regionale per la salute mentale -. Nel Lazio le strutture pubbliche sono sufficienti di numero ma povere di operatori, mentre le residenze sono adeguate ma distribuite in maniera disomogenea sul territorio. Nessuno può dire quanto si spende per la salute mentale ma sicuramente si spende poco e male».

20 ottobre 2008

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