Depressione post-parto, istituzioni assenti

L’allarme dal convegno “Il vero pericolo è non parlarne”, promosso da Salvabebè e Salvamamme da Redattore Sociale

«Il nostro progetto è il più grande d’Europa ma è quello che riceve il minor finanziamento. Ma andiamo avanti lo stesso, anche indebitandoci personalmente, perché riteniamo che il nostro servizio sia utile in un contesto in cui le istituzioni mostrano scarso impegno». A lanciare l’allarme è Maria Grazia Passeri, presidente dell’associazione “Salvabebè e Salvamamme”, nel corso del convegno sulla depressione post-partum “Il vero pericolo è non parlarne”, promosso in collaborazione con la onlus “Atina” e organizzato ieri a Roma. L’associazione presieduta da Passeri dispone da 5 anni di un numero verde (800-283110), al quale possono rivolgersi le madri in difficoltà, e di sportelli attivi nella Capitale. Da marzo 2005 a settembre 2007, lo sportello centrale ha seguito oltre 1.800 donne e circa 2.200 bambini di 68 nazionalità diverse.

«Il 20% delle chiamate che riceviamo – spiega Passeri – arriva da donne italiane e il 7% ci contatta per problemi di depressione. Le altre ci chiedono aiuto perché povere, minacciate e vittime di violenze. Il numero delle richieste di intervento è in costante aumento. Attualmente lavoriamo con l’ospedale San Camillo e con l’Umberto I». «Il nostro obiettivo – afferma Rosanna Cerbo, neuropsichiatria della Sapienza e responsabile scientifico di “Salvabebè e Salvamamme” – è creare una rete tra Umberto I, San Camillo e università Cattolica che si occupi di prevenire, curare e identificare la depressione post-partum. Oltre alle donne italiane che già frequentano pediatri e ginecologi, ci rivolgiamo alle immigrate e soprattutto alle donne dell’Est che si trovano ad affrontare da sole i problemi legati alla gravidanza e alla maternità».

Ad affiancare il lavoro dell’associazione di Maria Grazia Passeri, c’è la onlus “Atina” formata da psicologhe cliniche e dello sviluppo e che segue la mamma dalla gravidanza ai 3 anni del figlio. «Dal 1998 a oggi – spiega la presidente Viviana Finistrella – operando soprattutto con le Asl RmB e RmC, abbiamo seguito in collaborazione con i consultori 1.500 gestanti tra il quarto e nono mese di gravidanza. Il nostro intervento è soprattutto a domicilio e, dopo il colloquio, compiliamo una scheda di valutazione del rischio psicosociale e sottoponiamo le donne a un test per evidenziare sintomi di una possibile depressione. Poi elaboriamo i dati e li forniamo ai consultori per gli interventi. Il nemico numero uno delle donne in gravidanza – conclude Finistrella – è la solitudine, perciò il vero pericolo è non parlarne».

7 dicembre 2007

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