De André canta De Andrè

Intervista a Cristiano, che rilegge il repertorio di Faber con gli occhi di figlio e artista. Sarà in concerto il 13 dicembre all’Auditorium Parco della Musica di Concita De Simone

“De André canta De André”: un Fabrizio De André “inedito”, raccontato dal suo erede reale e morale, Cristiano, che si esibirà all’Auditorium Parco della Musica domenica 13 dicembre, alle ore 21, in una serata capace di riconsegnarci in tutto il suo splendore il grande cantautore genovese, scomparso dieci anni fa. Si tratta di una rilettura del canzoniere del padre, con cui ha iniziato a suonare a 18 anni, in un omaggio personale e originale; un progetto, creato da due figure storiche della produzione musicale dal vivo italiana, Michele Torpedine e Bruno Sconocchia, che la scorsa estate ha registrato il tutto esaurito in diverse città italiane.

La tappa romana chiuderà per Cristiano quest’anno di concerti, che riprenderanno poi nel 2010 con nuovi teatri e nuovi palasport (per info www.ph-d.it). Ad accompagnarlo sul palco: Osvaldo Di Dio alle chitarre, Davide Pezzin al basso e contrabbasso, Davide De Vito alla batteria, coordinati da Luciano Luisi (già arrangiatore di Zucchero e Ligabue), al piano, tastiere e programmazione. La regia dello spettacolo è curata da Pepi Morgia, già regista di tutti gli spettacoli di Fabrizio.

In contemporanea con la tournée invernale, lo scorso 20 novembre è uscito l’album omonimo di Cristiano “De André canta De André”, pubblicato dall’etichetta MT Blues Records e distribuito da Universal. Undici perle musicali che è possibile anche “vedere” nel dvd che accompagna l’album “Filming around tour”, un documentario che valorizza l’eterna bellezza dei versi delle canzoni di Faber, il talento di cantante e musicista di Cristiano, e gli spettacoli del tour stesso, impreziositi da vari aneddoti con cui un figlio racconta affettuosamente un padre, ma anche un discepolo ricorda con riverenza un grande maestro.

Nella scaletta del concerto di Cristiano De André, classe 1962, polistrumentista (suona di tutto: dalla chitarra al bouzouki, dal violino al pianoforte e tastiere), compositore e cantautore, brani eterni da “Megù Megùn” (che apre i concerti), a “Ho visto Nina volare”, “Don Raffaè”, “Cose che dimentico”, “Verranno a chiederti del nostro amore”, “Creuza de ma”, “Amico Fragile”, “La canzone di Marinella”, fino alla chiusura con “Il Pescatore”. Nei bis spazio all’unico brano scritto interamente da Cristiano, “Dietro la porta”, con cui si aggiudicò il secondo posto e il Premio della critica nel Sanremo 1993.

Cristiano, il tuo spettacolo “De André canta De André” ha un’anima rock e una più acustica e intimista. Tu quale preferisci?
Mi piacciono entrambe, sento di averle tutte e due. Sono cresciuto con i cantautori, ma sono passato poi al pop, alla world music. Ho fatto un buon viaggio di esperienze personali. E vorrei cercare di mischiarle con il repertorio di mio padre.

Tu queste canzoni non solo le conosci, ma lei hai anche vissute, in un certo senso.
Alcune le vivo intensamente, le ho viste scrivere, ho anche il ricordo del momento in cui sono nate, sono momenti di vita vissuti. Ricordo, ad esempio, quando è nata “Verranno a chiederti del nostro amore”, scritto da mio padre per mia madre, una notte, di getto. Si svegliò, la compose e gliela fece ascoltare, mentre io spiavo dalla porta della camera da letto con le lacrime agli occhi. “Amico Fragile” è la canzone che sento più mia, perché c’è tutta la sofferenza della solitudine, quella sofferenza che un po’ tutti ci portiamo dentro.

Che ruolo hanno avuto, nella tua vita, la musica e le parole?
Ho iniziato come musicista. Ma con il tempo ho scritto anch’io, dovevo superare la paura del paragone con mio padre, e pian piano ho imparato ad accettarmi. È stato un processo, una crescita. Oggi porto quello che sono io, una testimonianza per mio padre, come lo vedo adesso. Quasi tutto il repertorio che ho scelto è stato riproposto con nuovi arrangiamenti, ma i brani non si legano solo per motivi musicali, ma anche letterari. Credo che ogni canzone racconti questo momento preciso, questo secondo Medioevo, questa società così precaria, in ogni senso.

Tu da cosa trai ispirazione?
Quello che accomuna tutti i cantautori sono i temi sociali, o le esperienze personali. Ma quando vivo una storia intensa e di dolore, quando sono coinvolto emotivamente, non riesco a raccontarla. Lo posso fare solo a mente fredda. Diverso invece per tematiche che mi colpiscono ma dove non sono coinvolto, allora mi sfogo subito.

4 dicembre 2009

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