Dall’Ucsi un Osservatorio di Mediaetica

Presentata nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana la nuova iniziativa dell’Unione cattolica della stampa italiana. Padre Francesco Occhetta (nella foto): «Politica e giornalismo, due vasi comunicanti» di R. S.

Presentato questa mattina, mercoledì 10 aprile, nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, l’Osservatorio di Mediaetica voluto dall’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi). L’occasione: un incontro pubblico sul tema “L’informazione politica”. «Un gruppo di lavoro aperto nel quale confrontarsi sulle scelte del percorso» e, successivamente, un approfondimento affidato a ricercatori universitari di «alcuni temi specifici delle professioni, ben sapendo che nulla si risolve nella sola ricerca, ma che senza cultura nulla può essere migliorato». Così ha presentato la nuova iniziativa il presidente nazionale Ucsi Andrea Melodia. «La necessità di riflettere sull’etica dei media e della professione giornalistica, come di quelle professioni di comunicatori che anche in assenza d’iscrizione all’Ordine agiscono nel mondo dell’informazione, è una vecchia proposta dell’Ucsi – ha ricordato -, ispirata soprattutto da Giancarlo Zizola e Paolo Scandaletti. Però non è mai sfociata in un’attività concreta». Fino all’attuale “work in progress” che si propone di fornire «non giudizi ma riflessioni».

Il presidente dell’Ucsi ha definito l’informazione politica «l’urgenza delle urgenze, vista la piega che sta prendendo la situazione politica». La priorità indicata da Melodia: «Ridare senso alla comunicazione di servizio pubblico, con l’idea, in particolare, che l’informazione è sempre un servizio ai cittadini». Tra i temi specifici declinati per questo tipo di informazione, la richiesta di porre «domande vere» ai politici, riportando, «almeno in televisione, il confronto politico in condizioni di gestione più rigorosa». E richiamando «all’etica della responsabilità» nel far rispettare le norme deontologiche esistenti, colpendo le distorsioni più evidenti della pratica professionale.

Raccontare, e costruire, lo stato sociale. Credere, e dare fiducia, alle politiche dei territori. Spostare i riflettori dalle istituzioni agli enti intermedi, alle famiglie con i loro problemi, le ong, le associazioni, la salute dei partiti e dei sindacati, le chiese. Queste le indicazioni emerse dall’intervento di padre Francesco Occhetta, della “Civiltà cattolica”. Politica e giornalismo, per il religioso, «sono come due vasi comunicanti. Se il livello della politica è molto alto significa che il giornalismo è molto dipendente», mentre «quando a essere alto è il vaso del giornalismo significa che la politica è svuotata di valore e i centri decisionali si sono spostati altrove» rispetto alle istituzioni. Ad esempio nei salotti della politica, nei talk show, sul web.

Eppure la crisi del rapporto tra giornalismo e politica può essere, secondo padre Occhetta, «un momento favorevole» per ripensare le proprie dinamiche, i propri linguaggi. Ai giornalisti, ha sottolineato lo scrittore della Civiltà cattolica, il compito del reperimento delle notizie, della verifica delle fonti, della gerarchizzazione delle notizie, dell’interpretazione e contestualizzazione dei fatti, del commento e della presentazione delle notizie. Interpretazione e contestualizzazione dei fatti collocano infatti «l’agire politico su un orizzonte», rimediando all’attuale “info-obesità”.

Fra i limiti del giornalismo politico che, secondo il gesuita, andrebbero affrontati, affiorano la disponibilità a concedere il microfono ai personaggi politici senza che siano poste loro vere domande, cosicché «il politico parla direttamente al pubblico, quasi senza mediazione giornalistica, dando l’illusione di un rapporto diretto e personale». Ancora: i politici di oggi «non sono abituati alle domande e i giornalisti le fanno con difficoltà, anche perché vige la pessima abitudine che i giornalisti seguono la parte politica di cui condividono l’orientamento». Ancora, occorre «vigilare perché la politica non comprometta i principi di indipendenza, di imparzialità e di libertà» dell’informazione. «In questo sistema in cui si sta crescendo una classe di giovani giornalisti precari – ha chiosato il gesuita -, il giornalismo rischia da qui a dieci anni di svuotare il proprio servizio pubblico», senza più costituire una forma di «controllo della classe politica ed essere un garante della democrazia».

10 aprile 2013

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