«Cristo insegna a trasformare il dolore in amore»

A Santa Croce in Gerusalemme la recita del Rosario e la Messa, presieduta dal vescovo Elio Sgreccia, dedicate a Eluana Englaro e a tutti i sofferenti di Daniele Piccini

«La pastorale per la vita deve sempre cominciare con la preghiera, prima di ogni discorso edificante e di ogni riflessione etica». In questo modo il vescovo Elio Sgreccia – che ha presieduto mercoledì sera prima la recita del Santo Rosario, poi la Messa per Eluana Englaro e tutte le persone sofferenti nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme – ha giustificato la quasi totale assenza, all’interno della sua omelia, di ogni riferimento esplicito alla ragazza in stato vegetativo da 17 anni, per la quale la Corte di Cassazione ha dato parere positivo alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. «A questa vita segnata da estrema fragilità, limitatezza e dipendenza totale dalla solidarietà e dalle cure altrui» il presule, nell’omelia, ha chiesto «al Signore della vita, che porti il Suo conforto, la Sua Luce e la Sua Grazia a tutti coloro cui è affidata la sua vita, a quanti si trovano nel mondo in analoghe situazioni, ai loro congiunti e a quanti sono chiamati ad assistere le persone inferme o prossime alla conclusione della vita terrena».

Come a dire che, perdute le battaglie giudiziarie, ribaditi i capisaldi del magistero della Chiesa in tema di eutanasia – la recita del Rosario era tutta inframmezzata da brani di Papa Benedetto XVI sul rispetto della vita e della dignità di ogni uomo – solo la preghiera rimane.

«Del resto le letture della liturgia di oggi – ha commentato il presidente emerito della pontificia Accademia per la Vita – era già tutta incentrata sui temi della vita, della morte e della malattia». Il profeta Isaia, nella prima lettura, ha offerto infatti una visione escatologica del banchetto che il Dio degli eserciti prepara ai suoi fedeli al termine del loro percorso terreno. Il Vangelo di Matteo, con la descrizione della moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Gesù sulle rive del mare di Galilea, ha mostrato il compimento di quella profezia nella persona di Cristo. Nel Nuovo Testamento «egli è all’opera – ha detto il vescovo -; non siamo più soltanto sospesi alla promessa e alla Parola, ma in presenza della Sua persona e della Sua azione salvifica. Cristo è attorniato dalla folla che reca con sé “zoppi, storpi, ciechi e sordi e molti altri malati”. Egli li guarisce e la folla è piena di stupore e glorifica il Dio di Israele». Le opere di Cristo devono essere di esempio per tutti i cristiani. «Egli – ha proseguito il presule – ci insegna a trasformare il dolore in amore, così come Egli ha fatto sulla croce, Egli ci insegna a donare solidarietà e aiuto a tutti i bisognosi, ci insegna a prenderci cura di ciechi, storpi, zoppi, e degli altri malati. Egli ci sostiene nel momento della morte per l’ingresso nella resurrezione e nella pienezza della vita».

I malati, anche i più gravi, non sono esclusi dal banchetto finale, al contrario sono proprio loro ad occupare i primi posti. «Siamo chiamati ad imitare Gesù sostenuti dalla Sua presenza – questo il monito finale del vescovo Sgreccia, tutto implicitamente dedicato alla vicenda di Eluana – per vivere nella solidarietà con chi soffre e con chi ha bisogno di cure, anche essi destinatari e destinatari privilegiati della Vita piena, della comune vocazione alla pienezza di Vita».

Al termine della celebrazione, il vescovo Sgreccia ha detto di augurarsi per Eluana «che ci sia un cambio di orientamento. Non certo da parte dei giudici, ma che qualcosa si muova attraverso gli appelli, mossi da molte associazioni, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e all’Europa». Infine un pensiero alla battaglia di un padre, Peppino Englaro, per lasciar morire sua figlia: «Per questo la nostra preghiera è ancora più utile e necessaria».

4 dicembre 2008

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