«Così mi preparavo al sacerdozio»

L’incontro del Papa con gli alunni del Seminario Romano Maggiore. Sei domande per tre quarti d’ora di colloquio di Mimmo Muolo (Avvenire)

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Sei domande e altrettanti temi, posti con semplicità dai seminaristi. Come riconoscere la voce di Dio? Com’è stata la formazione in seminario del Papa? Come essere sempre all’altezza della vocazione ricevuta? Come evitare, anche da sacerdoti, la tentazione del carrierismo? Come aiutare chi soffre? E come vivere i primi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale? E quindi le sei risposte del Papa che cita più volte l’amato Sant’Agostino, ricorda i suoi anni di seminario e le letture preferite (da Manzoni a Bernanos, da Claudel a Mauriac), raccomanda la frequenza alla Messa, la confidenza con la Parola di Dio, lo spazio per la preghiera personale, la disponibilità verso gli altri (soprattutto nei confronti di chi soffre). E ricorda, infine, che se è vero che «nella Chiesa c’è anche il peccato», è anche vero che «l’autentico tesoro per un sacerdote è rimanere sempre nell’amore del Signore».

È la fotografia in sintesi dell’incontro di ieri pomeriggio al Seminario Maggiore di Roma. Benedetto XVI per quasi tre quarti d’ora risponde a braccio alle domande preparate «con un lavoro comunitario» – come spiega nel suo saluto il rettore, monsignor Giovanni Tani – dai 120 seminaristi romani. E, con al fianco il cardinale vicario Camillo Ruini, come un qualsiasi vescovo si intrattiene con i candidati al sacerdozio della propria diocesi.

Il discernimento «Dio – ricorda il Papa rispondendo alla prima domanda – parla in moltissimi modi con noi: attraverso gli amici, i genitori, il parroco, i sacerdoti. E parla anche attraverso gli avvenimenti della nostra vita». Ma parla soprattutto con la Scrittura, «letta nella comunione della Chiesa e personalmente in colloquio con Dio». Benedetto XVI ha messo in evidenza l’importanza di questa duplice lettura. Personale, da un lato («la Parola di Dio, infatti, è sempre attuale. Sant’Agostino dice di aver bussato molte volte alla porta della Parola fino a quando non ha capito cosa questa Parola diceva a lui») e comunitaria dall’altro. «La Parola diventa viva e vitale soprattutto nella liturgia, luogo privilegiato in cui noi figli di Dio siamo in colloquio con Dio».

I ricordi del Papa I seminaristi gli chiedono poi come era articolata la sua vita da seminarista. E Papa Ratzinger ricostruisce la sua giornata tipo di 55 anni fa: alle 6,30 la prima meditazione, poi la Messa, la colazione e le lezioni. Al pomeriggio i seminari, il tempo dello studio personale, la preghiera comune e alla sera i colloqui con il direttore spirituale. «È molto importante avere una disciplina costante per tutti i giorni», raccomanda. Parla poi delle sue preferenze teologiche («Mi ha affascinato Sant’Agostino e poi San Bonaventura, i grandi francescani, la figura di San Francesco») e letterarie («Dostoevskij, i grandi francesi, la letteratura tedesca e Manzoni). «Così – dice – il Signore mi ha aiutato ad arrivare al sì del sacerdozio, che mi ha accompagnato ogni giorno della mia vita».

La coerenza con la propria vocazione Proprio sulla difficoltà di essere fedeli a questo sì verte la terza domanda. «È bene riconoscere la propria debolezza – afferma il Pontefice – perché così sappiamo di avere bisogno della grazia del Signore». La conversione è «permanente, non siamo mai pienamente arrivati». E perciò «è importante il sacramento della riconciliazione, accettare la nostra fragilità, ma rimanere in cammino, non arrenderci e andare avanti». In sostanza «perseverare». A tal proposito il Papa cita una lettera del cardinale Carlo Maria Martini, al quale egli aveva inviato qualche giorno fa gli auguri per l’80° compleanno. «Ringrazio soprattutto il Signore – gli ha scritto il porporato – per il dono della perseveranza. Oggi che anche il bene si fa a tempo, abbiamo bisogno della grazia della perseveranza e prego ogni giorno perché il Signore mi dia questa grazia anche nell’ultima tappa del mio cammino sulla terra».

La tentazione del carrierismo È il tema della quarta domanda. E il Papa r isponde: «Il Signore sapeva fin dall’inizio che nella Chiesa c’è anche il peccato. È importante riconoscerlo, vedere il peccato non solo nelle strutture, negli alti incarichi gerarchici, ma anche in noi stessi. E imparare che davanti al Signore non conta la posizione, quanto stare nel suo amore e far brillare il suo amore. Questo è il vero tesoro della nostra vita. Poi lasciamoci guidare dalla Provvidenza e da ciò che vorrà fare di noi».

La sofferenza «Dobbiamo fare il possibile per vincere le sofferenze dell’umanità». Ma, aggiunge Benedetto XVI, «occorre anche capire il mistero della croce: cioè che «la sofferenza è parte essenziale per la nostra maturazione umana». Solo così, prosegue, quando ci avviciniamo a chi soffre, «le nostre parole non rischieranno di apparire retoriche e patetiche», ma trasmetteranno «la fiducia che l’amore di Dio esiste anche nella valle più oscura».

Consigli ai nuovi sacerdoti «Non manchi mai la preghiera e l’Eucaristia. Ogni giorno prendete il tempo necessario per la Liturgia delle ore. E la Messa non sia mai un dovere professionale, ma un compito sentito interiormente». Infine la raccomandazione di combinare la preparazione dell’omelia domenicale con la meditazione personale, cominciando già dal lunedì; di non isolarsi dagli altri sacerdoti e di essere sempre disponibili per il popolo di Dio.

18 febbraio 2007

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