“CinSano Village”, la festa per ragazzi e volontari della Caritas

Nella struttura di via Venafro la serata per i Centri di pronto intervento minori, che accolgono 300 ospiti all’anno. Come Karim: «Sono arrivato che non avevo nessuno. Ora mando i soldi a casa» di Lorena Leonardi

«Mio padre non voleva che venissi qui. Quale padre ha il cuore di mandare un figlio per mare con il rischio che muore?». A chiederlo, sorridendo, è Alì, diciotto anni. Quando è arrivato in Italia, tre anni fa, è stato accolto in uno dei tre Centri di pronto intervento minori Caritas della Capitale. Il centro principale si trova in via di Torre Spaccata ma ci sono due sedi distaccate, una a viale di Porta Ardeatina e l’altra in via Venafro, zona Santa Maria del Soccorso, che sabato 7 luglio ha ospitato il “CinSano Village”, festa ispirata agli anni ’60 e dedicata ai volontari e ai ragazzi dei Centri.

«Ogni anno a Roma arrivano 1.500 ragazzi, noi ne accogliamo trecento, a gruppi di trenta alla volta, con un turnover ogni due mesi», spiega Nadio La Gamba, responsabile dei Cpim della Capitale, tra le bandierine colorate che attraversano l’ampio cortile. «In genere i nostri adolescenti sono afflitti da difficoltà famigliari, vittime di abusi e maltrattamenti, o senza famiglia. Nel 98% dei casi – prosegue – si tratta di immigrati non accompagnati. Se vengono in cerca di fortuna per aiutare la famiglia, è facile che siano bengalesi o egiziani. Se, invece, sono rifugiati politici, provengono dall’Afghanistan o dall’Africa sub sahariana: nell’ultimo anno abbiamo accolto moltissimi ragazzi in arrivo dalla Nigeria, dalla Costa d’Avorio e dal Mali».

Attivi a Roma da venticinque anni, i Cpim, finora, hanno accolto più di seimila ragazzi. I fondi raccolti nel corso del “CinSano Village”, cui hanno partecipato circa duecento persone, serviranno, spiega il responsabile, «a organizzare qualche gita estiva per i ragazzi e a ristrutturare il centro di via di Torre Spaccata». Roma, sottolinea, «è una città accogliente, organizzata bene, con tante strutture d’accoglienza. È la capitale europea che permette maggiore integrazione ai minori». Attualmente, i Cpim romani accolgono una trentina di giovani ospiti. In ogni centro lavorano trenta esperti, e una decina di volontari, «la nostra forza», sottolinea La Gamba. Al centro gli ospiti seguono corsi d’italiano e sono sottoposti a visite mediche. Ma viene anche data loro l’assistenza legale necessaria per ottenere il permesso di soggiorno: «La difficoltà più grande – spiega La Gamba – è data dall’età dei ragazzi, perché più sono vicini ai diciotto anni e più veloci dobbiamo essere noi nei tempi d’intervento, altrimenti rischiano il rimpatrio. Ottenuto il permesso di soggiorno, che è l’obiettivo primario, li aiutiamo a trovare lavoro».

Come è successo ad Alì, che oggi lavora in una frutteria e si dice felice perché se «la cosa più difficile è stata stare dentro al mare, ora che c’è il lavoro, c’è tutto». Egiziano come Alì, con una fidanzata italiana e con lo stesso lavoro, anche Karim ha diciotto anni e ha pagato settemila euro, l’anno scorso, per arrivare a Catania. Il suo viaggio è durato ventuno giorni, perché i motori della barca erano in avaria. «Toccata terra, ho dormito quattro giorni in giro, poi ho preso un treno per Roma», racconta mentre il bianco e nero di Carosello riempie i maxischermi. «Non avevo nessuno, e sono stato accolto al centro. Ora mando i soldi a casa, aiuto la mia famiglia. Voglio rivederli prima di compiere diciannove anni: poi per undici anni non potrò più tornare in Egitto, altrimenti sarei costretto al servizio militare. Li vedo e poi torno, tanto il mio futuro è qui».

9 luglio 2012

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