Centro Astalli, 19mila gli assistiti
Presentato il rapporto annuale del servizio dei Gesuiti per i rifugiati. Le persone accolte arrivano soprattutto da Afghanistan, Somalia, Eritrea e Nigeria di Massimo Camussi
Aspettano pazientemente il loro turno in fila, lungo il lato sinistro della Chiesa del Gesù, a pochi passi da piazza Venezia. Sono per lo più giovani provenienti dall’Africa subsahariana e dall’Asia centrale: frequentano la mensa del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati, fondato nel 1981 dall’allora superiore generale Pedro Arrupe. Fra di loro c’è Ahmad: è scappato dal Sudan e dalla repressione del governo contro gli indipendentisti del Darfour, la sua famiglia è stata dispersa dalla guerra. «Non so più dove siano i miei fratelli e le mie sorelle – racconta – la notte sogno di riabbracciarli».
Venerdì scorso (9 aprile) il Centro Astalli ha presentato a Roma il suo decimo rapporto annuale: un bilancio dettagliato di tutte le attività, dall’assistenza legale alla casa di accoglienza per giovani madri, ma anche uno strumento per capire, attraverso i numeri e i dati di affluenza, come vivono i rifugiati e i richiedenti asilo nel nostro Paese. «Persone che – ricorda padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli – hanno lasciato il loro Paese d’origine solo perché costrette a farlo».
Circa 19mila sono stati gli utenti del centro nel solo 2009, per lo più provenienti da Afghanistan, Somalia, Eritrea e Nigeria. Il rapporto di quest’anno mette in evidenza una contraddizione significativa: aumentano le persone assistite dai gesuiti, ma diminuiscono le domande di asilo: 35,5% in meno rispetto all’anno precedente. Tale flessione è motivata dalla politica dei respingimenti in mare attuata dal governo nazionale in collaborazione con la Libia, a partire dallo scorso maggio. «Noi critichiamo questa soluzione di contrasto all’immigrazione clandestina – spiega padre La Manna –, perché i migranti fermati in acque internazionali sono riaccompagnati in luoghi dove i diritti fondamentali non sono tutelati. E i trafficanti di esseri umani guadagnano di più: le rotte sono cambiate per evitare i controlli, ma i viaggi della speranza continuano: sono solo più lunghi e più costosi. È difficile fermare chi sa di mettere in gioco la propria vita per ottenere sicurezza e dignità in un paese straniero».
Nonostante questa diminuzione, l’afflusso alla mensa romana del centro Astalli è aumentato del 33% rispetto al 2008. «Colpa della precarietà – spiega Bernardino Guarino, direttore dell’ufficio progetti del Centro Astalli –. Tornano o continuano ad aver bisogno di noi persone che ormai da anni sono arrivate in Italia. Il periodo di permanenza nei centri di prima accoglienza è più lungo che in passato, in particolare per le donne con figli piccoli da accudire. Il percorso per il riconoscimento di asilo politico, e quindi verso l’integrazione e un lavoro legalizzato, è diventato più difficile. Chi ce l’ha fatta deve poi affrontare un nuovo problema: il clima di razzismo e xenofobia che negli ultimi mesi ha colpito l’Italia ha reso più diffidenti i proprietari di appartamenti, più restii di prima a stipulare contratti di locazione con persone straniere. Senza uno stato sociale a misura del più debole, senza servizi alla persona efficienti, i migranti tornano ad essere “casi” di emergenza».
Il numero di richieste di assistenza nella ricerca di lavoro e alloggio è aumentato in un solo anno del 60%. «Nonostante gli innegabili passi avanti fatti dall’Italia negli ultimi dieci anni sulla tutela di chi fugge dalle guerre – commenta Jurgen Humburg, funzionario dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – manca una legge quadro sul diritto d’asilo. Ma l’intera Europa dovrebbe cambiare passo. Per ora a Bruxelles tiene banco fra gli stati membri “la ripartizione degli oneri”, una equa gestione dei rifugiati: così il calo delle domande viene interpretato come un successo politico. Ci piacerebbe vedere invece nazioni orgogliose di offrire la migliore accoglienza possibile».
Tra i tanti punti critici, una nota positiva nel rapporto è rappresentata dai volontari che hanno offerto tempo, energie e professionalità al Centro Astalli: l’anno scorso sono stati 316. «Senza i volontari il nostro servizio semplicemente non potrebbe esistere – dice padre La Manna –. Questo rapporto è dedicato a loro, e soprattutto alle troppe persone in fuga che, nell’indifferenza dei media, muoiono nel tentativo di varcare i nostri confini».
12 aprile 2010