Beato Novarese, l’«apostolo degli ammalati»

Il cardinale Bertone presiede, sabato 11 maggio nella basilica di San Paolo, la Messa per la beatificazione del fondatore del Centro Volontari della sofferenza e dei Silenziosi operai della Croce di Christian Giorgio

«Un esploratore delle risorse dello spirito nei limiti del corpo sofferente». In questa descrizione del giornalista Mauro Anselmo, suo biografo, è racchiuso forse il senso più profondo della vita e delle opere di monsignor Luigi Novarese. Il sacerdote dei sofferenti o, come lo definì Giovanni Paolo II, «l’apostolo degli ammalati», verrà proclamato beato sabato 11 maggio nella basilica di San Paolo fuori le Mura. Per don Armando Aufiero, postulatore della causa di beatificazione e responsabile dell’apostolato del Centro Volontari della sofferenza, «sarà una festa di famiglia e di Chiesa; un modo per scoprire il “metodo Novarese”; quello di chi si consuma per gli altri, di chi non si arrende, di chi porta su di sé i segni della Passione facendo proprio l’esempio del Risorto».

«Signora si rassegni, il ragazzo non ce la farà», dissero, nel 1930, i medici del sanatorio di Pietra Ligure a Teresa, madre di Luigi Novarese. Una gravissima forma di tubercolosi ossea lo stava portando alla morte. A tenerlo in piedi c’erano solo le stampelle e la madre. Parte da questo episodio la vita di monsignor Novarese. Da quella caparbia risolutezza di una madre devotissima alla Madonna, che non vuole arrendersi, nonostante le terribili certezze di una scienza medica che aveva già condannato a morte il figlio. Luigi in sanatorio aveva imparato a suonare, rallegrava gli altri malati, donava la propria sofferenza per alleviare quella degli altri. Aveva sedici anni. L’anno successivo, dopo aver scritto una lettera al beato Filippo Rinaldi, rettor maggiore dei Salesiani, che lo raccomandava all’intercessione di San Giovanni Bosco e di Maria Ausiliatrice, Luigi veniva dimesso dal sanatorio, completamente guarito. «La sua guarigione miracolosa – sottolinea don Armando Aufiero – non è stata l’occasione per chiudere il cerchio rispetto alle proprie conquiste. Per monsignor Novarese diventa un segno per interrogarsi sul senso della propria vita che deciderà di dedicare, per sempre, agli ammalati».

Ha lavorato nella Segreteria di Stato della Santa Sede per quasi trent’anni e poi alla Cei, Luigi Novarese; e ha sempre lottato contro l’emarginazione dei disabili insegnando loro un mestiere, dimostrando l’efficacia terapeutica della motivazione spirituale nella cura del malato. E poi la fondazione di case di cura, della Lega Sacerdotale Mariana nel 1943 per venire in aiuto ai preti infermi, feriti o in gravi condizioni economiche a causa del conflitto mondiale, del Centro Volontari della sofferenza nel 1947 e, tre anni dopo, insieme con suor Elvira Myriam Psorulla, dei Silenziosi Operai della Croce, «un’associazione di anime consacrate – come la descrisse lo stesso monsignor Novarese – impegnate a illuminare gli ammalati sul senso cristiano del dolore e a sostenerli attraverso opere assistenziali e di recupero».

Il processo canonico iniziato il 17 settembre 1989 si è concluso l’anno scorso con la firma di Benedetto XVI. Sarà il cardinale Tarcisio Bertone, salesiano, a presiedere alle 10.30 la Messa di beatificazione del sacerdote la cui storia è intrecciata alla spiritualità salesiana. Sarà presente anche Graziella Paderno, la donna che ha ottenuto il miracolo guarendo da una gravissima patologia periartritica per intercessione dell’«apostolo degli ammalati». «Novarese ci insegna, ancora oggi – osserva don Aufiero -, che il dolore non ha l’ultima parola sulla nostra vita. Esso deve porci delle domande le cui risposte risiedono nella forza salvifica e guaritrice della fede».

8 maggio 2013

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